Inchiesta sull’Insubria
Sui concorsi dimissioni e veleni

I commissari di due bandi dicono addio -Si tratta di procedure di assunzione su cui indaga la gdf

Che qualcosa non stia girando per il verso giusto, su alcuni concorsi pubblici banditi dall’università dell’Insubria per assumere ricercatori, non è soltanto l’indagine della Guardia di finanza a dirlo. Al netto di una considerazione quantomai doverosa, ovvero che - nonostante ci sia un’indagine della Procura - non è affatto detto ci siano rilievi penalmente apprezzabili in una vicenda che sta scuotendo nel profondo l’istituzione comasco-varesina, ci sono però almeno tre elementi che avvelenano l’iter di una procedura pubblica chiamata, anche per questo, ad attraversare rigorosi paletti normativi.

Il primo, e senz’altro più clamoroso di questi elementi, riguarda le dimissioni (fatto più unico che raro) dei commissari chiamati a giudicare i candidati in due dei tre concorsi finiti sotto la lente: quello per un posto da ricercatore nel settore storia contemporanea e quello per un altro posto da ricercatore senior in letteratura greca. Per quanto riguarda storia contemporanea, addirittura si è dimessa l’intera commissione giudicatrice. Dimissioni arrivate dopo che gli stessi commissari avevano già iniziato i lavori di valutazione e redatto il verbale di definizione dei criteri di valutazione stessa.

Dopo meno di tre settimane, la professoressa Daniela Preda , il professor Filippo Maria Giordano e la professoressa Maria Teresa Giusti (quest’ultima commissario designato dalla stessa Insubria) hanno formalizzato le loro dimissioni, costringendo l’ateneo a nominare dei nuovi commissari.

L’altro concorso per il quale si rischia di dover procedere alla scelta di nuovi commissari, è quello per letteratura greca il cui commissario designato, Carmine Catenacci , avrebbe annunciato l’addio (anche se le sue dimissioni non sono ancora state formalmente accettate). I motivi di queste defezioni - peraltro non capita certo così di frequente che i membri chiamati a giudicare i concorrenti di bandi pubblici per un posto da ricercatore universitario si dimettano - non sono noti. Certo è che i due concorsi in questione sono anche quelli sui quali le fiamme gialle di Varese hanno deciso di fare approfondimenti.

Il secondo elemento di “disturbo” della procedura concorsuale, riguarda - di nuovo - il posto da ricercatore per storia contemporanea. Da quanto emergerebbe, sui sei concorrenti che si hanno presentato le proprie candidature quattro di questi si sarebbero ritirati prima del tempo, lasciando a concorrere solo due persone. Qui si inseriscono voci e veleni che assocerebbero - in attesa di riscontro - il ritiro delle candidature a una sorta di “moral suasion” a fronte della presenza di un candidato più forte di altri.

Infine il terzo granello di sabbia nell’ingranaggio dei bandi sotto esame, riguarda il concorso per un posto di ricercatore in lingua inglese. In questo caso un vincitore c’è (decretato lo scorso febbraio), ma il suo nome non compare nell’elenco dei professori in possesso dell’Abilitazione scientifica nazionale L1 (ha presentato domanda ed è in attesa di decisione). Quest’ultima non è indispensabile per i contratti triennali da ricercatore, ma lo diventa alla fine del terzo anno quando l’università valuta la possibilità di inserire il ricercatore nel ruolo di professore associato. Solitamente, dunque, l’Asn è titolo preferenziale.

L’indagine continua. Così come le tensioni interne che arrivano fino ai vertici dell’Insubria.

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