Innamorarsi tra Senna a Kiev: «La guerra non ci ha mai divisi»

La storia Francesca vive a Senna, Vlad è bloccato a Kiev e la chiama ogni volta che può: la loro storia d’amore racconta uno spicchio del mondo di oggi. Da quando è scoppiata la guerra non si sono visti per otto mesi

La guerra travolge molte cose, ma non può sconfiggerle tutte. Perché c’è chi attraversa confini con la speranza nel petto, c’è chi chiama per dire: «È tutto ok, era solo saltata la corrente»; chi vive di attese e chi racconta i rumori di un cielo imprevedibile, anche quando è sereno. C’è tutto questo nella storia che, in occasione di San Valentino, ci racconta Francesca Bernini, di Senna. Francesca e Vlad, cittadino ucraino tuttora residente a Kiev, alla guerra oppongono la resistenza più dolce, forse l’unica davvero efficace: la speranza che tutto finisca.

Si sono conosciuti due anni fa in Polonia, dove entrambi si trovavano con il Corpo di solidarietà europeo, un’iniziativa europea che aiuta i giovani a partecipare a progetti a beneficio delle comunità. «Ci siamo messi insieme un anno e mezzo fa, prima di tornare a casa - racconta Francesca - e poi è arrivata la guerra. Da allora sono passati otto mesi e mezzo prima che potessimo rivederci». Il loro piano inizialmente era ricongiungersi in Italia: «Vlad non parlava italiano, quando ci siamo conosciuti, ha iniziato a cercare lavoro dopo che ci siamo messi insieme ma la lingua era un ostacolo non banale. Durante i mesi della guerra si è messo a studiare però - aggiunge ridendo - adesso è davvero pronto per l’avventura italiana!».

Si ride perché una risata incollata allo schermo freddo del telefono ha il potere di rendere leggera per qualche secondo anche la paura. «Vlad non può lasciare Kiev, da un momento all’altro potrebbe essere chiamato alle armi come tutti i cittadini ucraini maschi e maggiorenni», spiega. Poi racconta di quanto si senta solo a Kiev, mentre il cielo ulula sotto le bombe, la corrente salta, l’acqua a volte manca e Francesca è distante 2307 km. Quando le chiedo se si ricorda quel 24 febbraio del 2021, l’inizio della guerra, lei non ha dubbi: «Mi sono svegliata e mia mamma mi ha chiesto se avessi sentito Vlad: ci eravamo sentiti la sera prima, la guerra era nell’aria ma niente è come avercela direttamente in casa. Ricordo di aver acceso il telefono e di aver visto dei video che mi aveva mandato per rassicurarmi. Aveva la bici pronta coi borsoni laterali pieni di vestiti da giorni e quella mattina era saltato in sella senza guardarsi indietro, per raggiungere i suoi fuori città». Da quel momento, Francesca e Vlad hanno dovuto aspettare otto mesi e mezzo per potersi stringere ancora le mani.

«Nelle prime settimana è stata molto dura: se non mi rispondeva al telefono ero sempre terrorizzata che gli fosse successo qualcosa. Non ho mai pensato di chiudere la relazione però, mi sono tenuta stretta la speranza e ho sempre pensato al giorno in cui sarebbe tornato da me. Alla fine però sono andata io da lui. Nessuno mi poteva fermare».

Nemmeno la famiglia di Francesca in effetti è riuscita a farlo: la paura legittima di lasciarla andare in quel paese martoriato dalla guerra era tanta, ma alla fine l’esigenza di vederla felice ha sconfitto anche la paura. «Ho sentito parlare di un gruppo di volontari comaschi che vanno nell’area di Cernivci per aiutare i bambini di un orfanotrofio. Ho chiesto informazioni, per capire quali fossero le strategie migliori per entrare in Ucraina e ho raggiunto Vlad così. I miei genitori erano disposti a guidare per ore fino al confine con la Slovacchia per accompagnarmi, ma ho deciso di prendere l’aereo fino alla Romania e poi su un pullman ho attraversato il confine. Nel corso del viaggio ho conosciuto tante persone, soprattutto donne che come me andavano a fare visita a chi dall’Ucraina non può uscire... è stato bello vedere quanto fossero gentili con me, disposte ad aiutarmi. Poi sono tornata ancora da Vlad a capodanno e adesso chissà, spero di rivederlo presto».

Mentre parla sicuramente Francesca sorride, lo si capisce perché ormai ha davvero imparato a trasmettere ogni emozione con la voce:. «La parte più difficile? Non poter stare vicini, anche solo in silenzio, ma vicini in un momento così difficile».

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