Interrogarsi sui «fratelli sofferenti» e ripartire dai legami: una proposta per combattere la povertà in città

L’iniziativa Ieri l’edizione numero 22de “La notte dei senza dimora”: «Perché l’integrazione non può mai essere a metà»

“Sensibilizzazione” e “riflessione” sono concetti tanto belli a parole, quanto difficili – spesso – da applicare. Da 22 anni “La Notte dei senza dimora” vuole sfatare proprio questo mito.

Con la prova più bella avuta ieri, in pieno centro: «Tutti uniti perché tutti umani», come ha spiegato Marco Martinelli, vicepresidente di “Incroci”.

«L’integrazione – le sue parole – mai può essere “a metà”, soltanto da parte di chi vive ai margini ed è svantaggiato. Se la città non si interroga sui fratelli sofferenti, a mio parere sta sbagliando qualcosa. Ripartiamo dai legami: solo così potremo creare un mondo migliore». E quale occasione migliore di un pranzo? Torte salate per iniziare, polenta e spezzatini come portata principale e, per finire, una crostata. «Sedersi a tavola assieme è già un passo importante: nasce così la relazione, la cosa che più manca a chi finisce in strada», sempre Martinelli. Spesso, infatti, «non si tratta soltanto di povertà materiale, ma soprattutto umana: dare la possibilità a chi non ha più nessuno di sentirsi accolto è qualcosa di impagabile».

Ne è convinta anche Paola Della Casa, coordinatrice della rete di volontari “Vicini di strada”. «Veniamo da un periodo difficile per le relazioni, dove ci siamo abituati al distanziamento più che alla vicinanza. Ecco, ora è il momento di dar vita a un “contagio positivo” perché tutti possano sentirsi parte di un gruppo».

Straordinario, in tal senso, è il servizio dei volontari, come gli operatori della Cri e di Incroci. «Sono loro – ha concluso Dalla Casa – che permettono a chi non ha più speranza di trovare umanità nelle difficoltà».

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