Ius scholae, in provincia di Como coinvolti 8mila ragazzi

Cittadinanza Il dibattito politico e le ricadute sociali: per la sociologa Giaccardi è necessario andare oltre le ideologie, sulla stessa linea anche Mele, direttore generale di Fondazione Cometa: «La persona venga prima del diritto»

Ius scholae”: la cittadinanza per i minori stranieri come esito di un percorso formativo. Il tema è caldo, ha molteplici implicazioni e, mettendo al centro la persona, divide sia la politica che il mondo civile. È scontro tra chi parla di una riforma necessaria ed epocale e chi vede in questa vicenda solo una strumentalizzazione ideologica.

Nel Comasco gli alunni senza cittadinanza italiana sono 8.038, stando all’ultimo report, elaborato dall’Ufficio scolastico regionale su dati 2020-2021.

Oltre il 25% di chi è interessato al provvedimento risiede in Lombardia

Con lo “Ius scholae” circa 280 mila ragazzi e ragazze in tutta Italia acquisirebbero la cittadinanza. Nel 26 per cento dei casi hanno origine romena, seguono i cittadini di Albania (10,1 per cento), Cina (9,6 per cento) e Marocco (9,1 per cento).

Tra coloro che sono potenzialmente interessati dalla proposta di legge, di recente discussa alla Camera, oltre il 25% risiede in Lombardia.

In base alla riforma diventerebbe cittadino italiano il minore straniero nato in Italia o arrivato entro i 12 anni di età e che abbia frequentato regolarmente per almeno cinque anni un ciclo di studi. Qualora la riforma fosse approvata, chi ha i requisiti dovrebbe presentare, su base volontaria, la domanda di cittadinanza all’ufficiale dello stato civile del Comune di residenza prima dei 18 anni da parte di almeno un genitore.

«Dal nostro punto di vista etnocentrico tendiamo a valutare questa proposta solo in termini di pro e contro, ma bisogna andare oltre la questione puramente ideologica – interviene la sociologa comasca Chiara Giaccardi – Va adottato uno sguardo più ampio con cui accorgersi che la scuola è un luogo ad altissimo potenziale di integrazione, luogo per eccellenza in cui le barriere vengono superate e dove gli alunni, che fanno un percorso di formazione, diventano preziosi per loro stessi, per la società in cui vivono e per le famiglie di origine. A scuola l’integrazione avviene a più livelli: nella conoscenza, nella socializzazione, nella mescolanza sociale, nella partecipazione. La scuola ha l’occasione di arricchirsi e di fare dei passi avanti accogliendo il cambiamento sociale».

«La scuola è un luogo ad altissimo potenziale di integrazione»

Guardando poi più da vicino alla fotografia della Lombardia, sono 202. 226 gli studenti non italiani che potrebbero con i nuovi requisiti acquisire la cittadinanza. La ripartizione per provincia rispecchia la storia di flussi migratori che hanno caratterizzato i vari territori. La quota maggiore è nella provincia di Milano con 71.173 alunni; a seguire Brescia con 29.922 studenti, Bergamo con 23.478, Monza e Brianza con 14.170, Varese con 13.583, Pavia con 11.107, Mantova con 10.010. Sotto quota 10mila ci sono Cremona con 8.809, Como con 8.038, Lodi con 5.699, Lecco con 4.549; ultimo Sondrio con 1.688.

Da Fondazione Cometa, realtà che si occupa da sempre di accoglienza, la posizione è chiara, tracciata dal punto di vista degli operatori sociali. «La discussione sullo “Ius scholae” è affrontata in modo ridotto – fa notare il direttore generale Alessandro Mele - Occorre superare la logica del diritto per entrare in quella della persona, dell’accoglienza dell’altro come un bene per sé, possibilità di compimento e testimonianza di un bene comune. Ogni giorno accogliamo bambine e bambini che arrivano da 15 paesi. Sono persone che vivono con noi indipendentemente da un riconoscimento politico o di legge. Questo viene prima di tutto. Guardarli in questo modo fa affrontare tutto il problema dell’inclusione in un modo libero da schemi e con più realismo. Il mondo è cambiato e occorre rispondere alle situazioni e ai bisogni che abbiamo di fronte, non partendo da un pregiudizio o da uno schieramento, ma dal riconoscimento del valore della persona».

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