L’affondo dei giudici contro Lanzara
«Ha usato la professione per fare reati»

«Ha una spiccata tendenza al depistaggio. La bancarotta? Lui l’ideatore dell’operazione»

Nei giorni in cui Procura e Guardia di finanza avevano prepotentemente acceso i fari sulla bancarotta del ristorante Pane & Tulipani di via Lambertenghi, i soci della srl - con il commercialista Paolo Lanzara in testa - stavano pensando di rivendere a prezzo di favore l’immobile che ospitava il locale a «soggetti non dichiarati» con cui stava trattando il fiscalista Bruno De Benedetto. Il retroscena, che secondo Procura e giudici del Riesame di Milano rappresenta un clamoroso tentativo di spogliare i creditori di Pane & Tulipani di un bene essenziale, emerge dalle motivazioni con cui proprio il Tribunale del Riesame ha rigettato la richiesta di Lanzara di revoca degli arresti domiciliari.

Impossibile, replicano i giudici milanesi: «L’indagato ha dimostrato una spiccata tendenza al depistaggio delle indagini, sintomatiche dell’estrema difficoltà di conformarsi alle regole della civile convivenza» e inoltre è a forse «rischio di recidiva», visto che Lanzara «ha chiaramente strumentalizzato l’esercizio della propria attività professionale alla consumazione di numerosi reati».

Grave quadro indiziario

Non sono per niente tenere le motivazioni che hanno spinto il Tribunale a confermare gli arresti domiciliari per l’ex membro del collegio sindacale di Acsm-Agam. Il commercialista comasco è costretto in casa ormai da due mesi, accusato della bancarotta fraudolenta di Pane & Tulipani.

Sugli indizi raccolti dalla Procura e dalle fiamme gialle comasche, i giudici milanesi hanno sottolineato come «il grave quadro indiziario emerso appare univoco e supportato da elementi di indubbio valore probatorio» e comunque le condotte contestate sono considerate «gravi» e realizzate «con estrema spregiudicatezza e professionalità». L’ordinanza del Tribunale del Riesame sottolinea come «Lanzara risulta essere l’ideatore dell’intera operazione che ha poi condotto alla bancarotta fraudolenta della Pane & Tulipani». In particolare ci si riferisce alla decisione di costituire una doppia società: quella di ristorazione e la Napo srl, società che aveva sottoscritto il leasing per l’acquisto dell’immobile. La prima, oltre ai costi per la gestione del locale, si è accollata un canone mensile di 13mila euro a favore della seconda; quest’ultima, grazie a quei 13mila euro, ha potuto pagare il leasing e diventare proprietaria dei muri di via Lambertenghi. Peccato che entrambe le società avevano gli stessi soci e che Pane & Tulipani per poter pagare Napo srl non versava le tasse e non pagava i creditori.

L’inchiesta continua

Il blitz dello scorso settembre, con il tentativo di procedere alla vendita dell’immobile, avrebbe consentito di estinguere il debito residuo per il quale i soci - Lanzara in testa - avevano garantito con una fidejussione personale. Su quell’assemblea Procura e finanza stanno ancora indagando, anche per comprendere meglio il ruolo di Bruno De Benedetto - presente come rappresentante di un altro socio - e di altri professionisti.

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