Ieri sera l’appello di Cantoni all’amicizia: «Una vita in solitudine è una vita a metà»

Sant’Abbondio Il messaggio alla città del cardinale: «Comaschi laboriosi, discreti e dediti a tanti impegni. Attenti a non diventare chiusi, diffidenti e sospettosi». Presenti, oltre alle autorità, anche i capitani delle contrade del palio del Baradello per l’offerta del cero votivo

Un invito a «costruire insieme una nuova umanità che abbia in sé gli antidoti contro i pericolosi virus dell’odio e della guerra, dell’indifferenza e della solitudine», un «accorato appello all’amicizia», rivolto a tutti, nessuno escluso.

Più connessi ma più soli

Nella celebrazione dei primi Vespri della solennità di Sant’Abbondio, anche quest’anno il vescovo Oscar Cantoni ha scelto di partire dalla realtà per il proprio messaggio alla città, riflettendo in particolare su «una situazione che non può lasciarci indifferenti».

Tra i «pensieri che nascono dal cuore», il cardinale si è soffermato sul «segnale preoccupante di crescente e diffusa solitudine». “Mai più soli”, non a caso, è il titolo del discorso che Cantoni ieri ha rivolto ai fedeli nella basilica di Sant’Abbondio per il primo appuntamento del calendario di celebrazioni in onore del patrono. C’erano il sindaco Alessandro Rapinese e il prefetto Andrea Polichetti, il presidente del consiglio comunale Fulvio Anzaldo, Maria Grazia Sassi per l’Amministrazione provinciale, il consigliere regionale Pd Angelo Orsenigo, il questore Leonardo Biagioli e i comandanti di Guardia di Finanza e Carabinieri.

«Una certa “riservatezza” – le parole del cardinale, dopo una riflessione sulla Giornata mondiale della gioventù a Lisbona – sembra appartenere al carattere stesso dei comaschi: laboriosi, discreti, dediti soprattutto alla propria famiglia e ai tanti impegni lavorativi, professionali ed economici. Questi aspetti sono positivi, ma occorre vigilare perché non si trasformino mai in chiusura, diffidenza reciproca e sospetto».

Da qui l’invito ad aiutarsi vicendevolmente «affinché la solitudine e l’indifferenza non si diffondano, perché ne deriverebbe un male sociale che non è meno grave di altri virus che ci hanno minacciato in questi tempi». Si tratta, peraltro, di esperienze che – seppur in modo differente – riguardano tutte le fasce della popolazione, dalle «persone che muoiono nella più completa solitudine, della cui assenza ci si accorge solo dopo tanti giorni», ai «giovani che, privi di reali amicizie, trascorrono soli le proprie giornate, chiusi nelle proprie camere» o, peggio, rifugiandosi nell’alcol.

Tra le tante sfaccettature di solitudine, il cardinale ha posto l’accento anche sulla dipendenza da smartphone, parte integrante delle nostre vite. «Tutti più connessi, ma anche più soli».

Insomma, «una vita in solitudine è una vita a metà», come insegna fin dalle prime pagine la Bibbia. «“Non è bene che l’uomo sia da solo”. Nel libro della Genesi queste sono tra le prime parole che Dio rivolge ad Adamo, all’uomo di ogni tempo e di ogni luogo». Del resto, «soltanto nella comunione la vita si realizza»: ecco perché, a detta del vescovo, «la nostra città di Como ha bisogno di più amicizia. Non manca, ma a volte resta nascosta e chiusa, mentre è bene che si sprigioni di più per coinvolgere e abbracciare tutti».

«Il cuore grande di Como»

Fortunatamente, «accanto a segnali di solitudine, non mancano veri scrigni di solidarietà: apriamoli, facciamoli conoscere, sosteniamoli, moltiplichiamoli». Questo l’appello del cardinale al «cuore grande di Como», ossia tutte le realtà sociali e di volontariato della città, e a chi amministra il bene pubblico.

Non è mancato, infine, un invito alla cittadinanza. «Promuoviamo le relazioni di vicinato perché la sicurezza non nasce dal chiuderci nelle nostre case, ma dal creare una rete di legami di fiducia e di sostegno reciproco». Sarà così, allora, che non ci saranno «più stranieri né ospiti, ma tutti concittadini, chiamati a condividere un unico spazio di vita e di impegno, dove sperimentare un’amicizia reciproca e un’umanità più grande».

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