L’interprete cambia la denuncia
Donna da vittima a imputata

Violentata, giovane somala racconta alla polizia quanto ha subito. Il traduttore modifica versione e lei viene processata (e assolta) per calunnia

La fortuna di questa ragazza di 26 anni è aver incontrato sulla sua strada un avvocato che ha creduto in lei, un giudice che ha avuto la pazienza di ascoltarla e una rete di associazioni che ora l’hanno presa sotto la loro tutela. Altrimenti, oggi, si troverebbe condannata per calunnia, con il rischio di finire in carcere, senza avere un rifugio dove stare assieme al suo bambino di soli due anni. Un bimbo nato da una violenza sessuale, e che lei ha voluto tenere e ora sta crescendo, ospite di una comunità protetta.

La violenza

Di lei - essendo vittima di uno stupro - non facciamo nomi. Basti dire che è nata in Somalia e che nell’estate del 2018 è sbarcata in Sicilia assieme a un’amica, con l’intenzione di andare verso il Nord Europa. Ma una ragazza sola e senza diritti in una terra straniera è a rischio. E infatti lei, arrivata a Milano, finisce per essere ospitata da alcuni connazionali con casa a Mortara (Pavia) e qui violentata da uno di loro.

Nei giorni successivi, la giovane riprende il suo viaggio e si ritrova a Como, dove cerca - invano - di passare la frontiera con la Svizzera. Mentre è in città, tiene i contatti con uno dei connazionali che l’avevano ospitata, e che aveva “condannato” a parole la violenza del coinquilino. La ragazza dice che lei vuole denunciare, che è suo dovere raccontare alla polizia. E il connazionale si offre di accompagnarla e di aiutarla con la traduzione. Ma, evidentemente, è una trappola.

La giovane si ritrova così negli uffici della squadra mobile di Como, dove viene raccolta la sua denuncia. A tradurre le sue parole, il connazionale di Mortara. Che, però, cambia sensibilmente il racconto. E così la violenza sessuale avviene in un parco pubblico di Milano, e non in provincia di Pavia. A Mortara la ragazza non arriverà mai, nel racconto affidato dal traduttore all’agente di polizia. Il quale, ovviamente, non si limita a raccogliere la querela di parte per dar per buono il racconto. Ma inizia a cercare riscontri.

Il processo

Scopre così che il cellulare della ragazza, nei giorni in cui sarebbe stata violentata in un parco di Milano, agganciava la cella di Mortara. E seguendo i vari spostamenti crolla l’attendibilità della denuncia.

Al punto che la giovane finisce sotto accusa per calunnia. La difesa viene affidata all’avvocato Davide Brambilla, il quale prende a cuore il caso e ricostruisce un’altra verità. A processo il giudice, Maria Luisa Lo Gatto, decide di approfondire il caso, chiama un interprete da fuori regione e così scopre che il resoconto della giovane è completamente diverso. E lei viene assolta con formula piena, gli atti inviati a Milano in Procura per approfondire la denuncia per violenza sessuale.

La ragazza, da quasi due anni, vive in Liguria in una comunità. Con lei il figlio nato da quella violenza, ma che agli occhi di chi ora vive accanto a questa giovane è invece perseveranza, amore e resilienza.

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