Luciana Maci: «Vivere meglio
usando la tecnologia»

Esperta in innovazione tecnologica, sarà ospite martedì 26 aprile alle 18.30 in Sala Bianca per le Primavere di Como

«La città intelligente non è soltanto caratterizzata dall’utilizzo di nuove tecnologie», spiega Luciana Maci, giornalista esperta in innovazione tecnologcia che sarà ospite a Le Primavere per l’incontro “Come funzionano le città intelligenti?” martedì 26 aprile (Sala Bianca del Teatro Sociale di Como, ore 18.30, prenotazioni su leprimavere.it).

«Col tempo è emersa una definizione molto più adatta e semplice di questo fenomeno - spiega l’esperta - una città intelligente è una città che fa leva sull’innovazione tecnologica per far vivere meglio i propri cittadini. L’auto che si guida da sola non è uno sfoggio di competenze hi-tech, ma può garantire maggiore sicurezza al guidatore e anche costituire un vantaggio per un cittadino disabile o un anziano che in questo modo può guadagnare spazi di autonomia».

Ci sono città che sono sempre state intelligenti?

Il concetto di innovazione è molto ampio e l’umanità ha sempre avuto bisogno di innovare per sopravvivere. Quando si parla di smart city, però, si parla di innovazione tecnologica mirata ad attivare servizi e funzionalità che riescono a rendere una città più agevole ed efficiente e, in ultima analisi, più bella da vivere.

Quali sono le tecnologie al centro di questa rivoluzione?

Sono molte. Tra le più rilevanti l’IoT, ovvero l’internet delle cose, l’intelligenza artificiale, i Big Data analytics: tutti strumenti che fanno già parte della nostra vita e che vanno integrati nella gestione dell’ambiente cittadino.

Come si governa una città intelligente, con quali competenze e con quali figure?

Con competenze nuove. Occorre conoscere le tecnologie che si sono sviluppate nell’ultimo decennio, capire i dati, conoscere i processi di intelligenza artificiale, ma non solo, anche il nuovo trend della sostenibilità. Servono competenze specifiche per ridurre le emissioni e creare spazi verdi. Per questo sono necessari amministratori con una visione green, e anche manager della mobilità. Ma, a monte, serve un cambio di mentalità.

Come si comunica una città intelligente?

Non è facile. Una recente indagine ha fatto emergere che solo una persona su due in Italia sa cos’è una smart city. È un concetto che si è evoluto rapidamente ed è tutt’ora fluido. Inizialmente era la città iper tecnologica, connessa e costellata di sensori. Oggi il concetto di smart city è più vicino alla tutela della salute, alla ricerca del benessere, e si estende fino alla cura degli anziani.

Abbiamo esempi concreti da guardare?

Sì e sono numerosi. Barcellona, per esempio, mette in atto una condivisione della governance della città con i propri cittadini, dimostrando come una smart city sia anche un luogo dove si condividono le scelte amministrative dal basso. Sempre in Europa, in un sobborgo di Copenaghen, è stato realizzato Copen Hill, un termo-valorizzatore a impatto zero che, oltre ad essere un bellissimo edificio, è anche un luogo per lo sport e il divertimento. E in Asia Singapore è diventata città “smart” ancora prima che esistesse questa definizione.

E in Italia?

In Italia ci sono Milano e Firenze.

Como?

Como è al 77esimo posto nell’ICity Rank 2021, classifica redatta annualmente da FPA, a pari merito con Brindisi, L’Aquila e Ragusa, su un totale di 107 città italiane prese in esame. Si posiziona decisamente meglio nello Smart City Index EY 2020, dove figura al 29esimo posto.

Una graduatoria, quest’ultima, i cui criteri di valutazione sono maggiormente basati sulla sostenibilità (infrastrutture di mobilità elettrica e ciclabile, piani per la mobilità sostenibile), mentre l’ICity Rank copre gli aspetti relativi a open data e digitalizzazione dei servizi pubblici.

Quando avremo anche periferie intelligenti?

Questo è un problema concreto, perché da sempre le periferie restano sullo sfondo, ma proprio uno degli scopi della smart city deve essere la connessione. La mobilità di condivisione, smart e micro, in questo caso, deve aiutare a connettere le periferie risolvendo la problematica dell’ultimo miglio.

In città l’utente ha una marea di mezzi a disposizione, pubblici e privati, poi però deve affrontare l’ultimo miglio, quello che gli permette di tornare fisicamente a casa, in periferia, e lì incontra i veri problemi logistici. In ogni caso, l’approccio alla periferia si lega sempre anche alle scelte politiche, che possono condizionare non poco le soluzioni per unire le zone di confine al centro.

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