Monete d’oro in mostra
Ma Como rischia
di farsele scippare

Allo studio la possibilità di realizzare un’esposizione temporanea nel 2022. L’esperto: «La Soprintendenza potrebbe concederne poche tra quelle di minor valore»

Il ricorso al Tar presentato per la quantificazione del “premio” da corrispondere per il ritrovamento delle monete romane in via Diaz, riaccende i riflettori anche su un altro tema, vale a dire il destino delle monete, per le quali, come noto, il Comune vorrebbe realizzare uno spazio espositivo nell’ex chiesa delle Orfanelle, contigua al Museo Giovio.

Il progetto 2022

La notizia è che il prossimo anno la Soprintendenza, in collaborazione con la Società Archeologica Comense del presidente Giancarlo Frigerio (che proprio nel 2022 compirà cent’anni, mentre 150 ne compirà la rivista Archeologica), vorrebbe organizzare una prima esposizione temporanea per dare conto dei risultati della lunga sessione di studio innescata dal ritrovamento, con riguardo anche allo scavo complessivo e a quanto si può ricavare, sulla Como romana, dall’analisi delle stratificazioni del terreno: «La speranza - dice l’avvocato Cesare Piovan, presidente emerito della Archeologica - è quella che Soprintendenza e proprietà giungano a un accordo sul premio, in modo che almeno qualcuna delle “nostre” monete possa essere esposta, perché è chiaro che soltanto la loro presenza garantirebbe il richiamo di pubblico necessario alla buona riuscita della mostra». L’ideale - sarebbe avere anche qualcuno dei “pezzi” più pregiati: in questo modo l’esposizione avrebbe un senso che verrebbe a mancare se ci si limitasse a esporre qualche immagine o qualche riproduzione, magari rinunciando ai dieci “solidi” recanti il volto dell’imperatore Anicio Olibrio, valutati da un esperto inglese mezzo milione di euro l’uno.

Stesso discorso per l’eventuale, definitivo allestimento museale alle Orfanelle. Soprintendenza e Comune hanno stilato un accordo in base al quale a Como arriverebbero se non venti, trenta monete, non di più. La ragione? Il loro valore, la necessità di assicurarle, di garantirne la sicurezza.

Dimenticate in un caveau

«Io – dice l’avvocato Sergio Lazzarini, professore di Diritto romano all’Insubria e docente di Legislazione dei beni culturali alla scuola di specializzazione in archeologia alla Statale di Milano - rimango dell’idea che sarebbero comunque al sicuro. Chi anche riuscisse a impossessarsene difficilmente troverebbe il modo di rivenderle. È un po’ lo stesso discorso per il carro della Ca’ Morta custodito all’Archeologico. Quanti carri simili ci sono in Europa? Il loro valore? Inestimabile sì, ma chi mai lo acquisterebbe? Senza contare poi che le monete sarebbero in una bacheca con vetro blindato in un museo allarmato. Un rischio esiste sempre, si tratta di apprezzarne il bilanciamento con i benefici per la promozione culturale». Già, ma se non venissero a Como o se non fossero restituite alla città cui appartengono - come accadde invece con i Bronzi di Riace - dove finirebbero le mille monete di via Diaz?

Finirebbero per restare chiuse in qualche caveau, forse della Banca d’Italia, senza poter essere esposte né viste da nessuno: «Sarebbe una scelta davvero scellerata, che però in questo momento rappresenta anche, e purtroppo, un rischio concreto». S. Fer.

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