«Non parlate di eroi, perché non lo siamo
Se volete aiutarci rimanete a casa»

Anche villa Aprica si è attrezzata per combattere il coronavirus. Inizialmente la clinica accoglieva solo i pazienti alle prese con altre patologie, ora invece ha allestito un intero reparto per curare le persone risultate positive al Covid-19

I medici che combattono il coronavirus a Como non vogliono essere chiamati eroi, sotto alle maschere e agli scafandri parlano di senso del dovere, dicono di essere “solo” al servizio degli altri. In prima linea nell’affrontare questa spaventosa epidemia fanno di tutto per non lasciare soli i pazienti, attaccati alla vita con un filo sottile.

Anche villa Aprica si è attrezzata per combattere il coronavirus. Inizialmente la clinica di via Castel Carnasino accoglieva solo i pazienti alle prese con altre patologie, per liberare letti dagli ospedali di riferimento come il Sant’Anna. Ora invece ha allestito un intero reparto per curare le persone risultate positive al Covid-19. «Arrivano da Bergamo, da Milano, ma anche dall’ospedale Sant’Anna – racconta Doris Mascheroni, responsabili della Medicina e dell’Oncologia di Villa Aprica – prima avevamo solo quattro letti, poi sei, ma la disponibilità è andata sempre ad esaurire. Adesso sono già più di trenta pazienti e ne stanno arrivando molti altri. Hanno tutti il coronavirus, sono isolati, nella massima sicurezza. Abbiamo anche la ventilazione assistita. Non solo, gli anziani soli che non possono tornare in autonomia a casa per trascorrere la quarantena li facciamo restare qui, garantendo l’assistenza».

La situazione in corsia

«Purtroppo iniziamo anche noi a contare i decessi. I pazienti hanno un’età che va dai 50 ai 95 anni. C’è una nonnina che resiste, è vicina al secolo di vita. Poi tristemente capita di perdere persone più giovani, rischiano soprattutto le persone con patologie croniche pregresse, i malati oncologici, i cardiopatici, ci sono tanti diabetici». Il coronavirus colpisce più duramente le persone già debilitate da altri mali. Non a caso villa Aprica oltre a un team di infermieri in prima fila ha creato dei turni composti da medici con diverse competenze. Internisti, cardiologi, ortopedici, per avere pareri sulle diverse necessità. Il rianimatore poi è presente notte e giorno. Non bisogna curare solo il Covid-19. C’è urgenza di trasfusioni, di valutazioni per le ischemie e l’ipertensione.

Forse il compito più duro però riguarda il lato umano. «E’ pesante, c’è molto da fare – spiega ancora la dottoressa – intanto c’è un carico fisico da sopportare. Perché con tutte le bardature tra maschera, visiera, cuffia e tuta diventiamo impacciati, lenti, accaldati. E’ vero poi che sono momenti toccanti, difficili da affrontare. Molti di noi non tornano a casa, per paura di contagiare i cari, tanti hanno bambini piccoli. Penso però che la razionalità vinca sulla paura. Anche perché qui siamo protetti, ci sono percorsi in sicurezza e io paradossalmente ho più timori ad andare al supermercato».

La solitudine dei pazienti è straziante. «Sono scene devastanti – racconta Mascheroni – questa gente è lontana da tutti gli affetti, alla fine non ha nessuno. Noi quando ancora stanno bene dedichiamo una finestra di tempo al mattino per chiamare mogli e figli al telefono. Non sempre però è possibile».

Per il momento i medici di Villa Aprica stanno tentando le terapie contro il coronavirus già approvate dalle linee guida governative. «Certo, si usano gli antibiotici virali a discrezione degli specialisti e l’idrossiclorochina – dice la dottoressa - le risposte ci sono e spesso sono confortanti. Come detto molto dipende dalle condizioni del paziente, dalla prestanza e dall’età. Speriamo di iniziare anche a fare tante dimissioni a fronte di guarigioni accertate. Abbiamo però bisogno di tempo, occorre fare ripetuti tamponi e attendere il giusto decorso».

Non solo medici

In questa dolorosa pagina della storia il compito dei camici bianchi è diventato cruciale. Si moltiplicano le iniziative per ringraziare e sostenere i medici impegnati in prima linea contro la dilagante epidemia. «Vorrei spendere delle parole speciali per gli operatori sanitari – afferma Mascheroni – gli “oss” e gli “asa”. Perché quasi sempre compaiono dottori illustri e primari, ma chi in realtà è sempre presente accanto ai letti dei malati sono loro. Non si risparmiano mai, assistono in tutto e per tutto i pazienti fino alla fine».

«E poi - aggiunge - vorrei anche fare una riflessione. Non so come usciremo da questo incubo. Non credo in fretta, penso ci vorrà del tempo. A me però non piace il protagonismo e l’eroismo. Dentro agli ospedali non ci sono eroi. Medici, infermieri e assistenti fanno un lavoro importante secondo il proprio senso del dovere e secondo la giusta responsabilità. Siamo al servizio del prossimo, tutto qui. Adesso sì, certo, è un lavoro duro. Per questo chiediamo a chi sta fuori di aiutarci. Il modo migliore per farlo è rimanere dentro casa. Non alimentare il contagio. Occorre che tutti rispettino le regole. Altrimenti il virus continuerà a propagarsi. Per ora in qualche modo le difese della sanità hanno retto, ma non vorrei che prima o dopo si arrivi al collasso».n 
Sergio Baccilieri

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