Pennestrì, le mazzette anche per sé
La Cgil: «Fare chiarezza sui funzionari»

I commercialisti arrestati «pagavano per garantirsi dai controlli fiscali». Il sindacato chiede alla Direzione regionale di «prendere posizione sull’indagine»

Il rapporto privilegiato che i Pennestrì intrattenevano con i due dipendenti dell'Agenzia delle entrate, finiti come loro in carcere, era messo a frutto dai due commercialisti padre e figlio anche per assicurare a loro stessi vantaggi di natura fiscale.

«Antonio e Stefano Pennestrì - si legge nella richiesta depositata dal pm Pasquale Addesso - “hanno sfruttato” il totale asservimento delle funzioni svolte da Roberto Leoni e Stefano La Verde, anche al fine di garantire loro stessi dai controlli da parte dell’Agenzia delle entrate».

Così il 9 aprile, quando scopre che sul suo studio l’Agenzia ha avviato un’attività ispettiva, il più giovane dei Pennestrì si sfoga con il padre: «Mi gira il c., euro su euro che gli abbiamo dato a quello s.!». E ancora: «Adesso, al di là del disastro monetario, ma non so se ho più i c. girati per i tre anni o per le puttanate che ci ha raccontato lo s.!».

Evidenze che non lasciano indifferente un sindacato come la Cgil, che chiede che la Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate prenda posizione sugli arresti dei due funzionari: «La sospensione dovrebbe scattare in automatico, ma la direzione non ne ha dato nessuna comunicazione - dicono Matteo Mandressi e il segretario provinciale Giacomo Licata - Sarebbe opportuno, vista anche le responsabilità dei due, una presa di posizione da parte della Direzione, per comunicare che provvedimenti intende adottare o ha adottato nei loro confronti. Questo a tutela anche degli altri dipendenti, e ovviamente dei cittadini che pagano le tasse e che hanno a che fare con il fisco».

© RIPRODUZIONE RISERVATA