Pianti, scuse e confessioni
I baby “gangster”
crollano in carcere

Primi interrogatori ieri mattina al Beccaria davanti al giudice, con ampie confessioni di tutti Per alcuni di loro l’arresto segna anche il ritorno a scuola

Como

«Come ti dichiari? Innocente o colpevole?»

Con le mani affondate nelle tasche di un giubbotto, il più piccolo dei cinque “baby gangster” finiti in carcere (14 anni compiuti da 4 mesi) a voce bassa risponde «colpevole».

Lupi prima, agnelli poi. «Non è stato facile» dice l’avvocato Francesca Binaghi, uno dei difensori nominati dalle famiglie, chiamata ieri con i colleghi Davide Pivi e Alessandro Borghi ad assistere i ragazzini in occasione degli interrogatori di garanzia in carcere davanti al gip Marina Zelante, tappa ulteriore dell’iter di un’indagine avviata questa settimana con le ordinanze di custodia e che è ancora lontana dalla conclusione.

Lacrime, tante scuse, spiegazioni, smarrimento ma, a sentire chi c’era, anche un senso paradossale di ristoro, di tregua, quasi che l’arresto - almeno per qualcuno di loro - sia stato vissuto come una liberazione, la fine di una spirale di violenza consumata a ritmi forsennati, come in un sogno, e poi il risveglio. «Un bimbo», dice ancora l’avvocato cercando di cogliere gli aspetti positivi di una vicenda che a ben vedere ne ha molto pochi. Al giudice il più piccolo della banda (siamo davvero di pochissimo oltre la soglia dell’imputabilità) ha detto di trovarsi bene, lì al Beccaria: «Vado anche a scuola», ha fatto presente, ed è incredibile scoprire che dopo una bocciatura in seconda media questo ragazzino avesse smesso di andarci, non si fosse più presentato, e che glielo si sia consentito senza che nessuno sia mai intervenuto, nemmeno i servizi sociali, che a quanto pare conoscevano la situazione, come se finire le medie e poi frequentare un biennio si scuola superiore non fosse, non sia un obbligo.

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