Più voce alle donne:
«Facciamoci sentire»

Intervista a Tiziana Ferrario, autrice del libro “Orgoglio e pregiudizi”

la sua testimonianza introduce al tema di “Tess”, in edicola giovedì

Spesso non sappiamo credere in noi stesse e manchiamo di capacità contrattuale al lavoro. Ce lo ricorda “Orgoglio e pregiudizi. Il risveglio delle donne ai tempi di Trump” (Chiarelettere, 252 pag., 16 euro), il libro di Tiziana Ferrario, giornalista Rai, per anni corrispondente da New York. Una lettura che interpella e mette anche un po’ in crisi. Perché i margini di disparità con l’universo maschile, per le donne, dagli Usa all’Italia, sono ancora marcati. Le sue riflessioni integrano i temi affrontati in “Tess”, il magazine di moda e cultura di La Provincia, in edicola giovedì, con il quotidiano.

C’è molta energia nel libro. Ma anche una nota dolente, per una strada ancora lunga da percorrere.

Mi riconosco in questa considerazione. Ho pensato, arrivata a questo punto, umano e professionale, di riflettere sulla mia vita, dando qualche spunto di analisi. Mi piacerebbe che “Orgoglio e pregiudizi” fosse di ispirazione per le mamme e i papà che devono crescere figlie consapevoli del loro valore e figli rispettosi delle loro amiche e compagne. Gli stereotipi, quando cadono, rendono tutti più liberi di essere se stessi.

La ispira un senso di responsabilità?

Le vicende che racconto possono insegnare ai maschi ad avere rispetto per le donne, mentre alle bambine e alle ragazze dico di sentirsi importanti e consapevoli del loro valore. Non devono essere “buone” o “di supporto”, ma far sentire sempre le proprie idee fin da piccole.

Forse è per questo che donne capaci non hanno il coraggio di chiedere un aumento o una promozione?

Perché noi, e mi ci metto anch’io, abbiamo bisogno di sentirci dire: «Brava, hai fatto bene». Ci basta la gratificazione. Mentre l’uomo, quando si sente approvato e stimato, aggiunge: «E allora cosa mi dai in più?». I maschi aggiungono un prezzo a quel valore. Come scrivo nel mio libro, dobbiamo imparare a fare questa richiesta, a contrattare e negoziare, ruoli e stipendi.

Non è facile neanche per una tennista come Serena Williams.

La campionessa, che è la donna più pagata al mondo con quasi 30 milioni di euro l’anno, dice: «Se fossi stata un uomo, sarei stata considerata la migliore atleta di sempre, già sette o otto anni fa». Lo stesso vale per le attrici di Hollywood. La disparità di stipendio è netta.

Cosa ci rende deboli, nel veder riconosciuti i nostri diritti?

Gli uomini sono storicamente più portati alla cordata. Noi donne invece non siamo abituate, purtroppo, a fare rete. Dovendo sempre fare i conti, oltretutto faticosamente, con il mercato del lavoro, tendiamo ad andare avanti da sole. Così ognuna ottiene poche cose, senza vincere la battaglia.

Come muovere il cambiamento?

Non dobbiamo togliere potere agli uomini, ma condividere potere e responsabilità, aiutando così anche il mondo maschile ad uscire dagli stereotipi. Il cambiamento procede molto lentamente. Però ci sono segnali importanti. Mi ha colpito il discorso di Christine Lagarde di qualche giorno fa. Lei è la potentissima presidente del Fondo Monetario Internazionale. Ha spiegato che le disuguaglianze non si tolgono tassando le classi abbienti, ma arrivando alla reale parità tra uomini e donne. Il passo avanti teorico di Lagarde è di aver portato il focus della disuguaglianza sul piano economico, sul modo di fare ricchezza.

Nel libro spicca Janet Yellen, presidente della Federal Reserve.

Ha molto colpito il suo discorso, tenuto alla Brown University di New York, sul ruolo delle donne nell’economia, in occasione dei 125 anni dell’ingresso femminile in quella università. Jellen ha detto che, nonostante i progressi, è un fatto che molte donne non riescono a raggiungere i loro obiettivi professionali e che ci sarebbe una crescita del Pil del 5% se ci fossero più donne al lavoro negli Usa.

Lei affronta anche il tema delle molestie sessuali.

Ma ho avvertito un vento del cambiamento; sono cominciate le denunce. E il grande lavoro giornalistico di inchiesta, come nel caso del produttore Havey Weinstein (fondatore della Miramax, ndr), che ha dovuto dimettersi (lo hanno denunciato 300 donne, tra cui Angelina Jolie e Asia Argento, ndr). Nel libro ricordo il caso delle ragazze della Silicon Valley, che hanno denunciato i loro finanziatori per la richiesta di favori sessuali.

Non aiuta gli Usa avere un presidente maschilista come Trump.

Però l’America è un grande Paese democratico e Hillary Clinton – forse la candidata sbagliata – ha preso 3 milioni di voti in più. Proprio la presidenza Trump, con i suoi limiti, ha animato un certo fermento, per la mobilitazione femminile in politica. Sarà interessante vedere, alle elezioni di Mid Term del 2018, quante donne si candideranno.

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