Scuole, il rientro è un rebus
Fra turni in classe e web potenziato

Sono 19mila gli studenti in attesa - Allo studio diverse ipotesi. Un esempio le lezioni “brevi”

Una premessa: al momento, ufficialmente, non si sa nemmeno se si dovrà tornare in classe o meno a metà maggio. Figuriamoci a settembre.

Ma, in attesa di avere comunicazioni dal Ministero, gli istituti lariani iniziano almeno pensare al nuovo anno scolastico, quando, sempre in teoria, dovrebbero tornare ad accogliere quotidianamente quasi sessantaseimila alunni, mantenendo e rispettando, però, le nuove misure di sicurezza sanitarie.

Per quanto riguarda le superiori, si tratta di 19mila ragazzi iscritti a ventinove scuole. Alcune ipotesi che circolano e su cui si sta ragionando prevedrebbero sezioni in aula a rotazione la mattina e il pomeriggio, oppure lezioni miste in cui una parte degli alunni della classe è in aula e l’altra a casa. Le lezioni dovrebbero essere più brevi e il sabato potrebbe essere utilizzato per la didattica a distanza.

Entrando nello specifico, per fare un esempio concreto si potrebbe portare le prime e le seconde in classe la mattina, mentre il triennio andrebbe il pomeriggio. «Sulla carta sarebbe fattibile – spiega il preside del Setificio Roberto Peverelli – però, questa soluzione porrà problemi di organico. Al momento, gli insegnanti in servizio non sono sufficienti, sarebbe come avere due scuole. Inoltre, diversi insegnano su più classi. Anche il personale non docente andrebbe incrementato». Si possono pensare lezioni da quaranta minuti invece di sessanta, come succede in altri paesi europei, alzando il monte ore al massimo consentito per ogni professore. In questo caso, seppur il tempo scuola resterebbe entro i limiti, aumenterebbero in ogni caso le unità di lavoro. La seconda versione, quella in cui una parte degli alunni di una classe sarebbe in aula e l’altra parte a casa a seguire la lezione, magari tramite webcam, non avrebbe incidenza sulla questione “lavoratori”, ma creerebbe invece altri problemi.

«Va curata con attenzione l’aspetto tecnologico – continua Peverelli – Quindi, le scuole dovrebbero essere dotate di tutte le strumentazioni necessarie e una banda informatica adeguata. Questa, peraltro, è la parte meno complicata. Avendo però ragazzi provenienti da tutta la provincia, servirebbe una rete efficiente in grado di raggiungere ugualmente ogni studente: altrimenti c’è chi resterebbe svantaggiato».

Da questo punto di vista, il rientro ipotetico in classe non sminuirà l’importanza avuta dalla didattica a distanza in questi mesi, anzi. La sua presenza, ormai, è destinata a rimanere in pianta stabile nella scuola. A questo proposito, però, sarà importante incrementare i soldi destinati al potenziamento e all’acquisto di tablet. Dalle connessioni “ballerine” agli studenti senza computer e costretti a usare il telefono, sono diversi i problemi che la scuola e le famiglie cittadine si trovano ad affrontare. E i settecentomila euro arrivati dal Ministero non sono probabilmente sufficienti a coprire l’intero fabbisogno.

Anche perché, un’altra ipotesi sul piatto prevedrebbe un rientro “soft”, con classi a scuola a giorni alterni, mantenendo una buona percentuale di insegnamento a distanza.

Ogni istituto ha aule, dimensioni e grandezze diverse, basti solo pensare alla differenza fra le scuole poste in zone più periferiche come Giovio e Da Vinci Ripamonti, e quelle in centro storico come Ciceri e Volta. Ma, in generale, una buona stima per rientrare in sicurezza in classe prevede un alunno su tre a scuola, a rotazione. E, per quanto riguarda gli ingressi e le uscite, andrebbero differenziate, anche da un punto di vista orario. Su questo tema, ciascuna scuola, considerata la propria struttura, dovrebbe decidere in autonomia. Idem per quanto riguarda lo svolgimento dell’intervallo in cui sarà cruciale avere o meno uno spazio esterno sulla carta utilizzabile (come la Magistri) o meno, perché collocata in città (come il Pessina). Per il resto, spetta al Miur. Insomma, le soluzioni si trovano, ma nessuna è priva di costi. «L’auspicio – conclude Peverelli – è che il Ministero trovi una linea unitaria, o quantomeno un repertorio di possibilità semplici e omogenee in cui muoverci, garantendo l’equità dell’offerta formativa».

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