Un libro dal carcere: «L’incontro con don Roberto mi ha rimesso in cammino»

Presentazione Sabato 23 luglio Zef Caraci ha parlato del suo libro dedicato all’esperienza del carcere e all’incontro fondamentale con don Roberto Malgesini insieme al vescovo Oscar Cantoni

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Quando qualcuno si lascia dietro di sè una testimonianza veramente incancellabile, nemmeno la morte è capace di far sbiadire il suo ricordo dalla mente di chi ha avuto la fortuna di incontrarlo. È sicuramente così per don Roberto Malgesini, la cui vita si spegneva in quel fatidico 15 settembre del 2020 a causa delle coltellate ricevute da uno di quei senza dimora che aiutava ogni giorno. Eppure, a distanza di quasi due anni, il suo nome e la sua storia sono ancora accesi in molti comaschi: la sua impronta ha segnato per sempre il nostro territorio.

Dall’Albania all’Italia in gommone

Lo ha dimostrato ancora una volta l’incontro, tenutosi lo scorso sabato 23 luglio a Rebbio, alla presenza del vescovo Oscar Cantoni, con Zef Caraci e con la mediazione della giornalista Laura d’Incalci. Zef è nato in Albania, nel 1983, e in Italia è arrivato su un gommone partito dalle coste di Valona. Dopo aver vissuto per 4 anni nell’area di Bergamo, nel 2005 viene arrestato e dopo meno di due anni viene trasferito al carcere di Como. La sua vita, che sembrava destinata a rimanere chiusa tra le quattro mura del carcere dopo gli errori compiuti, si apre grazie a diversi incontri e soprattutto grazie a quello con don Roberto.

La storia di questa amicizia nata in una cella e durata dieci lunghi anni, è raccontata in “Don Roberto Malgesini. «Vai e prendi loro per mano»”, un libro uscito quest’anno per Edizioni Cantagalli con una prefazione a firma del vescovo Oscar Cantoni. «Don Roberto è stato questo con tutta la sua vita, il profumo fragrante e sottile dell’Amore di Dio per gli uomini - scrive il vescovo - E incontrarlo nelle pagine di questo libro sembra un’esperienza vitale: parrebbe di poterlo ancora abbracciare».

L’amicizia in carcere con don Roberto

Un’amicizia che ha fatto sentire Zef fuori dal carcere mentre ancora vi era dentro e che lo ha spinto a mettere a frutto quel tempo sospeso della condanna per rifiorire, guardare indietro e cambiare, profondamente. Tra l’amore per la lettura, riscoperto nella solitudine della cella, la riflessione sugli errori del passato, il racconto della durezza del carcere che non cancella la gioia degli incontri capitati o cercati, il libro di Zef Caraci si fa strada fino a presentare al lettore lo sguardo di don Roberto , limpido e vivo come non mai.

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