Usura, sotto sequestro case e denaro
Accuse anche alle mogli degli indagati

La Procura indaga le compagne di Barrasso e Panfili e le figlie di quest’ultimo - «Corresponsabilità nei reati». Bloccati beni e appartamenti per centinaia di migliaia di euro

Como

La procura della Repubblica di Como ha chiesto e ottenuto il sequestro preventivo di beni mobili e immobili per svariate centinaia di migliaia di euro riconducibili a Paolo Barrasso, Giovanni Gregorio e Gabro Panfili, i tre “protagonisti” dell’inchiesta per usura arrestati all’inizio del mese di novembre.

Gli ultimi accertamenti s volti dal nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Como - coordinati dal pubblico ministero Pasquale Addesso - hanno evidenziato la clamorosa discrasia tra dichiarazioni dei redditi e liquidità realmente disponibile, e basti qui ricordare la posizione di Panfili, 74 anni, ex dipendente Aci, un imponibile di 32mila euro all’anno (cioè la pensione Inps percepita dal 2003) e un flusso di cassa di qualche centinaio di migliaia di euro all’anno tra il conto suo e quello della moglie.

Da Como a Schignano

In un comunicato diffuso ieri il procuroatore della Repubblica Nicola Piacente ha precisato che il provvedimento cautelare ha riguardato in primis proprio Panfili e le sue figlie, con particolare riguardo a nove immobili di loro proprietà situati nei Comuni di Como, Alzate Brianza, Cadorago, Capiago Intimiano, Inverigo e Schignano. Analogo trattamento la Procura ha riservato al coindagato Paolo Barrasso, 58 anni, origini foggiane e residenza comasca, dipendente di una coop nel ramo pulizie, cui il gip ha posto sotto sequestro due immobili ancora a Como e ad Argegno. Altri sequestri hanno riguardato beni e utilità nella disponibilità dei tre indagati (anche per interposta persona) fino al concorrere dell’importo di 411mila euro per Barrasso, di 200mila per Gregorio e di 93.600 euro per Panfili (importo in questo caso calcolato sulla somma che si ritiene provento dell’attività di usura, meno il valore degli immobili sottoposti a sequestro).

In generale, le indagini avevano già consentito alla Procura di rilevare patrimoni familiari sproporzionati rispetto ai redditi. Nel caso di Panfili la distanza tra quanto dichiarato nei periodi di imposta 2005, 2009, 2012, 2013, 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018 ai fini delle imposte sui redditi ed alle attività economiche esercitate, ammonterebbe a 596.318 euro. Per Barrasso lo scostamento sarebbe di 160.289 euro rispetto ai periodi di imposta 2011 e 2019. Un’altra novità rilevata sempre nelle ultime ore riguarda il ruolo della moglie e delle figlie di Panfili, nonché della moglie di Paolo Barrasso. La Procura contesta loro piena «corresponsabilità nei reati di usura contestati ai rispettivi congiunti».

L’avvio dell’indagine

I tre indagati - lo ricordiamo - erano stati arrestati con l’accusa di avere prestato denaro con tassi di interesse che oscillavano tra il 50% su base mensile e il 600% su base annua, trovando terreno fertile in un giro di imprenditori e professionisti tutti accomunati dalla medesima crisi di liquidità e tutti costretti a rivolgersi a fonti di approvvigionamento esterne al circuito bancario. La loro attività emerse a margine dell’indagine sulle false coop che aveva coinvolto anche il commercialista comasco Bruno De Benedetto, che tra il 2015 e il 2019 si sarebbe fatto prestare 400mila euro poi restituiti con tassi di interesse di gran lunga superiori a quelli consentiti.
S. Fer.

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