Verso la città felice: attenzione
per il singolo individuo

Quali sono i parametri che la misurano? Dall’ambiente alla corruzione all’aspettativa di vita ma anche le modalità con cui ci si rapporta agli altri

Esistono le città felici? E qual è il sentimento che deve predominare affinché una città sia felice, o almeno provi ad esserlo?

Dagli anni Settanta esiste un indice, il Gnh (Gross national happiness), che misura il benessere di un popolo al di là del Prodotto interno lordo. Sembra che l’abbia ideato l’ex re del Bhutan Jigme Singye Wangchuck e che si misuri secondo quattro criteri: lo sviluppo sostenibile, la conservazione ambientale, il buon governo e la promozione della cultura tradizionale (parametro quest’ultimo che è stato tacciato di conservatorismo).

Nel 2012 l’Onu ha pubblicato il World happiness report, in cui l’Italia, su 158 nazioni analizzate, è al trentaseiesimo posto: insomma, non male, ma si può fare meglio. I criteri di questa classifica riguardano il Pil pro capite, l’aspettativa di vita, la solidarietà e il livello di corruzione percepito.

Tutte metriche sensate, per cui è facile pensare che una nazione «felice» corrisponda alla felicità media delle città (e dei paesi) che la compongono. Tuttavia da questi due indicatori non emerge una vera e propria attenzione verso il singolo individuo, verso ciò che un po’ scolasticamente chiameremmo «comportamento».

Che consiste anche negli stati d’animo di un cittadino, negativi o positivi, e dunque nelle modalità con cui ci si rapporta agli altri al lavoro, in famiglia, per strada, allo stadio o al cinema.

S alvo Noè – che sarà ospite del festival Le Primavere il 29 aprile alle 21, presso la Sala Bianca del Teatro Sociale (prenotazioni su leprimavere.it) – è uno psicoterapeuta e autore di numerosi testi legati alle buone prassi per costruire relazioni positive. Le sue riflessioni si concentrano soprattutto sulla “gentilezza” verso gli altri e sui giudizi che possono ferire e fare stare male le persone a cui ci rivolgiamo, dal vivo o sui social network.

«Ho visto molte persone soffrire per falsità messe in giro su di loro: non tutti sono pronti a gestire i mormorii e la zizzania. I più sensibili soffrono perché le parole possono essere più taglienti di una lama. Quando giudichiamo in modo “tossico” creiamo solo conflitti, divisioni e solitudini» ha detto qualche mese fa in un’intervista a Famiglia Cristiana per presentare il suo ultimo libro «Prima di giudicare, pensa!» (edizioni San Paolo).

Un saggio che si sofferma proprio sui giudizi e sui motivi per cui arriviamo a giudicare le persone, anche pesantemente, proponendo poi delle buone pratiche per evitare di trafiggere gli altri con le nostre sentenze. Papa Francesco ha scritto la prefazione al libro, dopo aver additato negativamente in diverse uscite pubbliche il vizio del pettegolezzo, del dire male degli altri, del «male-dire», contrapponendovi il gesto di «benedire» il prossimo.

Gli effetti dei giudizi che esprimiamo o subiamo vengono poi amplificati dai social network, dove da un lato la costruzione della propria identità è molto importante (e quindi diventa potenzialmente distruttivo ogni giudizio) e dall’altro lo schermo di un computer protegge chi attacca. Di conseguenza Facebook e compagnia «possono essere usati anche come armi potenti. E allora diventano tossici pure loro».

A giudicare e a creare «catene d’odio» verso persone famose, ma anche verso donne e uomini senza alcuna particolare visibilità (che però hanno magari un’idea diversa dalla nostra su un tema fortemente divisivo) sono i cosiddetti «leoni da tastiera», persone, spiega Noè, «che non si fanno vedere o agiscono dietro false identità. Ho in terapia più pazienti che sono “killer digitali” o che comunque trascorrono il tempo ad attaccare verbalmente gli altri».

Ma c’è un modo per difendersi da questi attacchi che provengono dalla vita di tutti i giorni o da un pc? Forse la prima cosa da fare è praticare la «gentilezza», per non dare “alibi” a chi per frustrazione o sofferenza riversa il proprio malessere su di noi.

«Tratta chiunque incontri con gentilezza!», ha scritto Salvo Noè sulla sua pagina Facebook, «Compiendo semplici atti di gentilezza nei confronti degli altri, possiamo elevare noi stessi e aprire il nostro cuore. Donare con amore è un gesto di libertà!». E può essere il nostro piccolo grande contributo per rendere più felice la città dove abitiamo.

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