Virus nemico dei polmoni?
«Non solo, ora lo sappiamo»

Como: il medico e le cure: Tra i danni più gravi quelli ai vasi sanguigni: «Entra in crisi il sistema di coagulazione»

È l’embolia e non la polmonite l’effetto più pericoloso del coronavirus. Per questo l’eparina si sta rivelando una terapia utile. Per settimane ci si è concentrati sulla polmonite interstiziale come danno più evidente causato dal temibile virus, in realtà gli esperti spiegano che recenti studi hanno evidenziato un altro problema innescato dal virus.

«Negli ultimi giorni è emerso un aspetto nuovo della malattia - spiega Mauro Turrini, direttore dell’unità di Ematologia del Valduce – che in qualche modo viene prima della polmonite. Il virus infatti facilita lo stato trombotico nei pazienti contagiati. Rende semplice il danno dei vasi sanguigni, crea fenomeni microembolici, tanti piccoli trombi. Così il sistema di coagulazione del sangue entra in crisi. Negli esami del sangue infatti si vede, è chiaro. Alcuni valori specifici diventano molto alti. Peggio in chi ha un decorso progressivo molto acuto». I tubicini che portano il sangue si spaccano con più facilità. La malattia ci rende fragili. La morte dei pazienti nella maggior parte dei casi non avviene per asfissia, ma principalmente per embolia. «Sì, succede inizialmente alle gambe – dice Turrini – poi però i coaguli si staccano e vanno anche nei polmoni dove si verifica un’embolia. Si chiudono i vasi che ossigenano i polmoni, il sangue non si ossigena. Questo succede mentre l’infiammazione è esplosa ed è in corso una polmonite interstiziale che crea difficoltà nello scambio dell’ossigeno, proprio nel luogo dove avviene l’ossigenazione del sangue. Una complicanza nella complicanza». Il virus infiamma, gonfia i polmoni di liquidi e ostacola il passaggio dell’ossigeno nel sangue spezzando i vasi. Il sangue così interrompe la sua corsa per trombosi e diminuisce la perfusione, la ventilazione. Il coronavirus è ancora poco conosciuto, i medici stanno scoprendo alcune complicanze negli ultimi giorni. «Da due settimane anche al Valduce usiamo l’eparina – spiega ancora Turrini – è quella iniezione che si fa a tutte le persone che subiscono un’operazione, per facilitare la fluidificazione del sangue nel decorso a casa dopo l’ospedale. Come ovvio le dosi sono diverse, sono in corso molti studi scientifici sulla quantità e sull’efficacia. Però le ricadute positive sembrano evidenti e confortanti. Serve una dose più massiccia rispetto alla normale operazione chirurgica, ma è chiaro che così si riduce l’effetto trombosi».n 

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