Feltri e il caso Boffo
"Non mi sono pentito"

Il direttore de Il Giornale ribadisce ai lettori de La Provincia perché ha deciso di dare la notizia che ha portato alle dimissioni l'ex direttore de L'Avvenire, ma lancia un j'accuse agli altri mass media.

di Grazia Lissi

Il suo nome equivale ad aumento di tiratura. Da quando ad agosto Vittorio Feltri è tornato a dirigere Il Giornale le vendite delle copie sono lievitate. Così spiega la ricetta del suo successo: «Devi essere spontaneo, non scegliere le notizie in base alle opportunità. Bisogna lasciarsi impressionare e agire di conseguenza. Voglio un giornale che incida nel dibattito politico, senza essere io a fare l’agenda del giorno. È interessante che un quotidiano venga letto e temuto nel mondo della politica. Questo comporta anche errori, ma di misura».

Appena arrivato a «Il Giornale» ha fatto esplodere il caso Boffo. Lo rifarebbe?

Non mi sono pentito di aver dato la notizia. Mi spiace che abbia provocato una tale reazione da parte degli altri mezzi di comunicazione con l’intento forse più che di attaccare lui, di attaccare me. Per dare del killer a me, hanno danneggiato Boffo. Sono stato accusato in maniera violenta, ma chi lo ha fatto non si è reso conto di aver contribuito, come un moltiplicatore all’infinito, allo sputtanamento. Boffo aveva subito una condanna per molestie che prevedeva la reclusione, commutata in sanzione pecuniaria. Le reazioni hanno fatto diventare Boffo il caso del giorno fino a costringerlo ad andarsene da "Avvenire". Attaccato da tutti i giornali mi sono difeso: la notizia c’era, sulla trama della storia, siccome è stato secretato il fascicolo, non ho potuto fare una verifica diretta. Ci siamo dovuti attenere alla fonte, la stessa che ci ha procurato la fotocopia del casellario giudiziario. Una fonte attendibile. La punizione inflitta a Boffo, un bravo giornalista condannato alla disoccupazione, non mi piace. Se ci mettiamo a guardare nel letto di Berlusconi primo o poi qualcuno guarda nel tuo. È brutto fare il moralista, c’è sempre qualcuno più moralista di te.

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