Come parlare di lutto:
un libro comasco

Lo psichiatra Michele Sforza, a quattro mani con un celebre collega sudamericano, ha firmato un libro intenso sulle nuove forme di perdita nella società contemporanea, con riferimenti anche ad omicidi, disastri, stragi.

di Laura d’Incalci


Corpi senza vita estratti dalle macerie del terremoto in Abruzzo, le bare dei paracadutisti uccisi in Afganistan, scene di disperazione per il nubifragio di Messina... La morte entra sistematicamente, quotidianamente, nel nostro vissuto. Ci colpisce con immagini strazianti dal piccolo schermo scaraventandoci addosso un dolore distante, solo apparentemente estraneo, in grado di risvegliare profonde inquietudini e la percezione di una precarietà del vivere che riguarda ognuno molto da vicino. Mai come oggi il tentativo di estromettere la morte dal pensiero, di tenerne a distanza l’ingombrante ombra, riesce fallimentare in un contesto segnato dalla globalizzazione di notizie che in primo piano, mettono proprio le tragedie della cronaca "nera", le vittime di delitti, incidenti, catastrofi e guerre. Un aiuto a "fare i conti" con le contraddizioni più acute e dolorose dell’esistenza, in tal senso, ci viene offerto da due psichiatri: Michele G. Sforza, che dal 1984 dirige il Servizio multidisciplinare di alcologia e di dipendenze da comportamento presso la casa di cura Le Betulle di Appiano Gentile (Co), e Jorge L. Tizòn, professore di Mastery Postgrados presso l’Instituto de salud mental  della Universitat Ramon Llull di Barcellona. Entrambi impegnati anche a livello divulgativo, autori di numerosi libri, hanno di recente costruito a quattro mani "Giorni di dolore" (Mondadori, 234 pag., 18 euro),  saggio che mette a tema il lutto come evento inevitabile in ogni percorso umano e occasione  rilevante per interpretare e gestire le innumerevoli circostanze che verificano un abbandono, la perdita di un amore, di amicizie, luoghi, occasioni di lavoro. «Il ritorno dell’interesse su questi temi risulta evidente solo se consideriamo la grande quantità di eventi, di echi culturali e di notizie diffuse dai mezzi di informazione che ci mostrano come sia in atto un sensibile cambiamento sui modi di considerare questi argomenti all’interno della nostra cultura» si nota nell’introduzione del volume che affronta un insolito viaggio nei labirinti della morte, a volte tenuta in scacco a lungo grazie a progressi e tecnologie che hanno mutato l’humus e il sentimento attorno al momento estremo del distacco «nella larga maggioranza si rischia di morire intubati, monitorati, in condizioni asettiche», altre volte improvvisa, prematura  o aggravata dalla violenza omicida. L’istinto di fuggire lontano dal dolore, negarlo fino a rimuoverlo, nasconderlo insieme all’emotività e alle lacrime, promette soltanto ulteriori dosi di angoscia: «La lezione freudiana dei vissuti dolorosi che, una volta repressi, tendono a ripresentarsi sotto altre forme, ci ha insegnato che il materiale rimosso spesso ritorna deformato e diventa inutilizzabile per una sana crescita personale e sociale» avvertono i due psicoanalisti indicando la strada dell’elaborazione del lutto, sempre travagliata e costellata di interrogativi inquietanti, ma anche l’unica da intraprendere con la prospettiva di uno sbocco. E dalla trattazione, che lascia supporre una lunga ed approfondita esperienza professionale accanto a chi soffre per la perdita di una persona cara, emerge un fondamentale chiarimento: la tristezza spesso impropriamente e sommariamente catalogata come "depressione", secondo gli autori invece non è necessariamente il sintomo di una patologia da demandare alle cure di uno specialista, ma piuttosto un’esperienza umana  da attraversare fino in fondo, assumendo la facoltà e la competenza nell’affronto di un avvenimento che per quanto contraddittorio e denso di mistero, fa parte della vita. Sono tanti e differenti i modi di reagire di fronte al distacco da una persona amata che può essere un genitore, il coniuge, un figlio, che può presentare una varietà di emozioni,  disperazioni più o meno intense e devastanti a seconda dell’età, delle circostanze e delle soggettività: su una casistica molteplice scorrono le riflessioni  e i puntuali suggerimenti di Sforza e Tizòn che si addentrano anche in situazioni dai contorni specifici, dal caso di suicidio o di un aborto, al decesso del partner in una coppia gay fino al trauma, da molti giudicato inconcepibile, causato dalla morte di un animale. Il superamento dei "giorni di dolore", affidato alla dinamica di un’iniziativa personale e sociale, più che il ricorso a tecniche o a farmaci, sollecita un coinvolgimento sul terreno delle relazioni, una "educazione al lutto" che recupera vicinanza, dialogo e una profonda condivisione con chi soffre.

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