I barabitt di S. Fermo
che "persero" l'infanzia

Restituisce volti e voce agli ospiti dell'Istituto Somaini di San Fermo il libro di Marialuisa Righi e di Graziella Monti,

E' uscito "Barabitt" (Editoriale Lombarda, 107 pagine, 12 euro), il libro in cui Marialuisa Righi e Graziella Monti rievocano le vicende dell'istituto "Somaini" di San Fermo. Si trattava di una struttura "correzionale", con funzioni di ricovero, assistenza, istruzione per i giovani abbandonati o rimasti orfani, senza nessuno che potesse occuparsi di loro. Il libro rispolvera documenti d'archivio di inestimabile valore storico, ma offre al lettore anche molti frammenti di vita di quei piccoli "senza famiglia". Ecco la testimonianza di Arnaldo Poncia, raccolta dalle autrici:

"Sono nato nel mese di luglio 1930, i miei erano originari di Porlezza e nella loro breve vita hanno conosciuto solo fame, guerra e fatica. A otto anni rimasi orfano, senza una casa, dormivo nei fienili e vivevo sulla strada. Fu il prete del paese a intercedere presso l’istituto Somaini di San Fermo della Battaglia, che ai tempi era un collegio correzionale; i ragazzi che ci finivano erano marchiati come "barabitt" e come marchio non era molto  diverso da quello di chi finiva in galera... In quel posto ci sono stato dieci anni e mi ricordo tutto, anche se alcuni passaggi restano in ombra e li ripesco solo dopo qualche bicchiere di vino... Il Direttore si chiamava don Castelli e aveva il suo bel da fare per riuscire a rendere quadrato il cerchio, poi c’erano le suore che si occupavano dei più piccoli e della casa. Ricordo suor Rosa come la mamma che tutti noi avremmo voluto avere, mentre la superiora era un incubo: riusciva ad alzare i bambini tenendoli per le orecchie e facendoli girare come trottole...".

(Da M. Righi, G. Monti, «Barabitt», Editoriale Lombardia, 107 pag., 12 euro)

© RIPRODUZIONE RISERVATA