
Cultura e Spettacoli
Martedì 15 Giugno 2010
Hans Haacke a Como:
l'arte si fa impegno
Il celebre artista tedesco, noto per le sue installazioni contro i dittatori e il potere che soffoca la libertà, è il visiting professor del Arti Visive della Fondazione Ratti (29 giugno-20 luglio), che porterà a Como - a Villa Sucota (via per Cernobbio) - anche alcuni dei più promettenti giovani artisti internazionali del momento. Per conoscere l'estetica e la visione dell'arte di Haacke, vi proponiamo un video di grande interesse, realizzato dalla Tate Gallery nel 2007.
Chi ha visitato la Biennale di Venezia del 1993 certamente ancora ricorda il rumore dei passi sulle piastrelle rotte del Padiglione tedesco ai Giardini nell'installazione site specific realizzata da Hans Haacke. Il senso di distruzione, di desolazione e di vuoto colpiva i visitatori della mostra con la fredda semplicità dell'installazione. L'artista tedesco, che vive negli Stati Uniti, chiamato allora a rappresentare la Germania, è uno degli artisti più impegnati sul fronte dell'arte politica e quella installazione voleva essere una provocazione per la sua stessa nazione, dal momento che evocava la visita di Hitler proprio in quel luogo nel 1934, venuto in Italia ad incontrare Mussolini nel suo primo viaggio all'estero dopo l'ascesa al potere, e la trasformazione architettonica da lui voluta dello stesso padiglione nel 1937. All'ingresso l'artista aveva affisso una fotografia di Hitler e al posto della svastica, allora appesa al centro dello spazio, Haacke aveva collocato quello che a suo parere è l'attuale simbolo della Germania, il marco tedesco. Dalla descrizione di questo lavoro è evidente che l'intento dell'opera di Haacke è quello di portare l'arte in modo attivo nella società facendosi partecipe delle istanze politiche e i sociali che la attraversano.
La sua presenza a Como, in qualità di visiting professor del corso di Arti Visive della Fondazione Ratti (29 giugno-20 luglio a Villa Sucota), non passerà quindi inosservata, almeno sotto il profilo dell'impegno sociale e della stimolazione delle idee, tra i suoi allievi e forse anche nell'opinione pubblica. Almeno questo è quello che ci possiamo aspettare dall'insegnamento di un artista che ha dedicato gran parte della sua attività a denunce e rivendicazioni di diritti e di legalità, talvolta anche svelando realtà di compromessi, contraddizioni e violazioni dei diritti. La sua presenza scomoda ha però anche suscitato polemiche e non sempre è stata compresa correttamente Ad esempio per suo famoso lavoro "Shalpolsky et al…" del 1971 che denunciava, attraverso un'indagine documentaria e fotografica, gli interessi dei beni immobiliari di Manhattan di una potente famiglia ebrea, è stato accusato senza fondamento di antisemitismo. Con l'installazione presentata alla Whitney Biennial del 2000, è stato poi tacciato di «sminuire l'olocausto» per aver riconosciuto dei parallelismi tra le pressioni del sindaco Rudolf Giuliani al Brooklin Museum perché censurasse un lavoro giudicato blasfemo e la rimozione dell'arte degenerata dai musei tedeschi ad opera dei nazisti.
Dopo una formazione vicina all'arte minimalista, con interesse per la fisica dei materiali, come dimostra il cubo in plexiglass "Condensation Cube" del 1965 e la frequentazione del Gruppo Zero, dalla fine degli anni Sessanta, in sintonia anche con un clima diffuso in tutta Europa, il suo lavoro si è indirizzato verso l'impegno politico. Per realizzare visivamente le sue opere Haacke si serve di un linguaggio di matrice concettuale basato su mezzi artistici anticonvenzionali: fotografie, fotocopie, testimonianze scritte di natura documentaria. Tra le iniziative che hanno cercato di contrastare il potere occulto delle multinazionali va segnalata la mostra "Helmsboro Country" in una galleria di New York che intendeva denunciare la commistione di interesse tra la compagnia produttrice di sigarette e il senatore repubblicano Jesse Helms, noto sia per i suoi atteggiamenti razzisti, che per la sua ostilità verso l'arte contemporanea. Nonostante le minacce legali, la mostra ha comunque aperto le sue porte all'immagine di Helsboro che lasciava chiaramente intendere la natura negativa del prodotto. Le opere che denunciano il potere economico delle multinazionali si estendono però anche ad altre compagnie come la Mobil Oil, la Mercedes-Benz e la Deutsche Bank. Per citare un caso italiano Haacke non ha risparmiato critiche alla campagna pubblicitaria di Benetton che in una fotografia di Oliviero Toscani si era servita dell'immagine degli abiti insanguinati di un soldato croato morto vicino a Mostar. In "Dyeing for Benetton" (gioco di parole tra "to die" = morire e "to dye" = tingere, colorare ' n.d.t) del 1994 ha presentato il poster pubblicitario in una galleria accanto a dichiarazioni di Luciano Benetton in cui spiega la sua politica aziendale, che si serve di manodopera a basso costo. Come Benjamin Buchloh sostiene nel catalogo della mostra a lui dedicata dalla Deichtorhallen di Amburgo e dalla Akademie deu Kunste di Berlino, Haacke non era così sprovveduto da aspettarsi dei cambiamenti dalle sue pratiche, ma semplicemente cercava di porre le giuste domande nel posto giusto e al momento giusto. L'intento del suo lavoro non ha infatti una matrice utopistica, ma quella di porre domande concrete, che aiutano a sviluppare una coscienza critica della realtà in cui viviamo. In tal senso di particolare importanza sono proprio i progetti di arte pubblica realizzati per luoghi particolari. Il concetto di site-specific per Haacke è da intendersi infatti non solo come interesse per il luogo geografico e architettonico in cui l'opera deve collocarsi, ma anche per il contesto sociale. «Anzi - ha dichiarato - arriverei addirittura ad affermare che, oltre all'uso tradizionale che un artista fa del bronzo, delle tele, dei colori, ecc., io uso come mio materiale anche il contesto sociale e politico».
(* Professore di Storia dell'arte all'Università Cattolica di Milano)
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