Cultura e Spettacoli
Mercoledì 07 Luglio 2010
"Faccio di Mozart
un'opera rock"
Va in scena a Como, in prima nazionale, una rilettura del "Don Giovanni". Nove le arie cantante dagli interpreti, nella suggestiva Casa del Fascio. Ne parla in anteprima l'ideatore, Alessio Picco.
Se Mozart fosse vivo oggi sarebbe, sicuramente, una rockstar, di quelle controverse, che si fanno perdonare gli eccessi grazie all'evidente genialità (quasi insopportabile pure quella), di quelle che osservano il motto “vivi veloce, muori giovane e lascia un bellissimo cadavere”, come James Dean e Jim Morrison anche se il buon Wolfgang invece di spirare, comunque prematuramente, trentacinquenne se ne sarebbe dovuto andare ancora prima, per rispettare la “legge dei 27 anni”. Un bell'esercizio letterario, ma non lo sapremo mai. E che musica avrebbe composto? Il “Don Giovanni” sarebbe un'opera rock? A questa domanda, invece, è possibile rispondere: lo ha fatto Alessio Picco, ideatore del progetto artistico che, il 7 luglio alle 22.30 nell'ambito del festival “Como città della musica”, proporrà una rilettura peculiarissima del capolavoro alla Casa del Fascio (alle 22 sarà anche possibile effettuare una visita alla terrazza del palazzo di Terragni).
Com'è nata l'idea?
In realtà non è legata alla rappresentazione del “Don Giovanni” andata già in scena al festival: è un progetto che risale a quattro anni fa. La volontà è trascrivere in chiave contemporanea tutta l'opera, un progetto ambizioso e, quindi, molto costoso. Per ora abbiamo realizzato nove arie.
Per gli arrangiamenti lo spunto è dato da un lavoro come il “Jesus Christ superstar” di Webber che attingeva da diversi stili, come è avvenuto in questo caso.
Cosa deve aspettarsi il pubblico?
Reggae, metal, bossa nova, quello che un Mozart del Terzo Millennio inserirebbe in una sua partitura. Non c'è intendo dissacrante, anzi: il “Don Giovanni” è stato scelto perché è immortale, sempre contemporaneo, Mozart e Da Ponte precorrevano i tempi. Quando scrivevano “Viva la libertà” in una cena a cui sono invitati sia i popolani che i nobili sfidavano convenzioni che, ancora oggi, non sono state veramente abbattute.
(Estratto dell'intervista pubblicata su "La Provincia" del 7 luglio)
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