Musica ed emozioni
nel nome di Faber

Un piazzale strabordante di pubblico, giovedì 9 settembre a Campione d'Italia per Cristiano de Andrè. Un'attesa forte perché, come è risultato chiaro in questi undici anni, Fabrizio morendo non ha lasciato solo il figlio, Luvi e Dori: in tanti si sentono orfani della sua lucidità, delle sue parole, della sua voce caldissima e anche dei suoi concerti

Le nuvole, diceva il poeta, “vanno, vengono, ogni tanto si fermano e quando si fermano sono nere come il corvo, sembra che ti guardino con malocchio”. Ma quando, poi, sul palco sale il figlio del poeta, Cristiano De André, allora si aprono, senza troppo clamore, allontanano i sentori di pioggia e lasciano che quel “bambino con le mani in tasca”, oggi uomo desideroso di confrontarsi con le canzoni del padre e di condividerle con la gente che tanto lo ha amato, lasciano che questo talento per troppi anni giocato all'ombra di una presenza così ingombrante emerga in tutta la sua bravura. Un piazzale strabordante di pubblico, giovedì 9 settembre a Campione d'Italia per la serata organizzata dall'Apt per ParoLario. Un'attesa forte perché, come è risultato chiaro in questi undici anni senza Fabrizio, morendo non ha lasciato solo il figlio, Luvi e Dori: in tanti si sentono orfani della sua lucidità, delle sue parole, della sua voce caldissima e anche dei suoi concerti: oggetto di una riscoperta costante da parte delle nuove generazioni, De André non è mai stato ascoltato dal vivo da troppi. Ma per Cristiano il pubblico è di tutte le età e di tutti i generi, tutti ugualmente commossi spingendo l'artista e i suoi a una performance lunga e convincente, aperta con una pulsazione che rimanda al “Dark side of the moon” dei Pink Floyd e che sfocia, a sorpresa, in “Mégu megùn”. Seduto, al centro, proprio come papà, Cristiano è animato da uno spirito senz'altro meno austero: alterna varie chitarre, siede al pianoforte, imbraccia il bouzuki e giganteggia al violino dimostrando che quando disse che si trattava di uno dei più grandi musicisti in Italia, Fabrizio era obiettivo e onesto.
Come quando si confrontava con il pubblico. Cristiano ha ricordato quando se ne stava al mixer di sala, negli anni della contestazione: “A ogni fischio rispondeva con un pistolotto di venti minuti per confrontarsi con il contestatore.
Ma una sera, a Cantù, non lo fischiava nessuno. Allora l'ho fatto io e lui, non riconoscendomi nel buio, mi ha fatto la predica. Non gliel'ho mai confessato”. Intanto sfilano “'A cimma”, “Ho visto Nina volare”, “Don Raffaè”, ed è un tripudio. Per “Se ti tagliassero a pezzetti” De André si alza in piedi, marcando la differenza di approccio: arriverà perfino a buttarsi in terra brandendo il microfono, come Springsteen, totalmente spiritato nella “Smisurata preghiera”. Tra i momenti più intensi “Verranno a chiederti del nostro amore”, “Creuza de mä” e una sofferta “Amico fragile”. Le composizioni “coetanee” di Cristiano, “La canzone di Marinella” e “Bocca di rosa” tra i i tre bis richiesti a gran voce e concessi con generosità fino a un liberatorio “Pescatore” e una definitiva “Canzone dell'amore perduto” che unisce tutti in un ideale abbraccio.

Alessio Brunialti

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