Cultura e Spettacoli
Domenica 26 Settembre 2010
Il libro sui ritratti di Giovio
in un cassetto da 23 anni
Da 33 anni è in attesa di pubblicazione presso il Poligrafico dello Stato il volume «Iconografia Gioviana». Bruno Fasola, membro della commissione, ricostruisce la vicenda, che ha dell'incredibile.
di Bruno Fasola
L'avventura dell' "Iconografia gioviana", perché di un'avventura oramai si può parlare, è cominciata nel lontano 1977, quando Stefano della Torre, all'epoca giovane studente di ingegneria, mi cooptò nella realizzazione di un progetto riguardante la collezione di ritratti di Paolo Giovio. In realtà tutto era partito da Matteo Gianoncelli, allora segretario della Società Storica Comense e già responsabile dell'Archivio di Stato di Como, che aveva proposto di occuparsi dei quadri gioviani al giovane ma già promettente studente e assiduo frequentatore della biblioteca della Società Storica, sita allora nella prestigiosa Villa Gallia, proprio là dove il Giovio aveva costruito il suo Museo e dove i dipinti avevano avuto la loro prima dimora.
Gianoncelli, che non sarà mai ricordato abbastanza per le sue doti di studioso e per le sue qualità umane di modestia e disponibilità, non si sentiva più di portare avanti da solo un lavoro iniziato da anni e che aveva preso forma nel volumetto "L'Antico Museo di Paolo Giovio in Borgovico" edito proprio all'inizio del 1977 e così prese sotto la sua ala protettiva due giovani studenti cui affidare il compito di terminare quello che aveva cominciato. Non era ben chiaro quello che ne sarebbe venuto fuori ma certo dal 1956 esisteva, ed esiste tutt'ora, la Commissione Nazionale per l'Edizione delle opere di Paolo Giovio, il cui presidente era il professor Gianfranco Miglio, composta soprattutto di politici e studiosi di letteratura e storia che stavano, lentamente, portando a termine l'impresa filologica alla quale si aggiunse in quegli anni l'idea di completare la serie delle opere con un volume di carattere "artistico" sulla collezione dei dipinti del vescovo comasco.
L'occasione del cinquecentenario della nascita del Giovio, nel 1983, anche se ora si ritiene che sia nato nel 1486, diede ulteriore impulso alla ricerca storico artistica; io personalmente per il convegno del 1983 "Paolo Giovio il rinascimento e la memoria" preparai un lavoro che a partire dal censimento del Rovelli del 1928 faceva il punto sulla documentazione storica relativa alla dispersione dei dipinti e alla loro attuale reperibilità. Lavoro difficile ma molto interessante, anche se di scarso appeal, che mi venne facilitato anche da altri studiosi quali la dottoressa Magda Noseda che stava riordinando le carte gioviane site a Como. Nel contempo si costituì un vero pool di ricercatori che, sotto la guida e il controllo del professor Luigi De Vecchi, si spartirono l'onere di redigere le schede relative ai singoli dipinti originali, ancora esistenti e visibili, perché alcuni lontani eredi non comaschi del Giovio non ci permisero e non ci permettono tutt'ora di studiare gli originali pur ammettendo di possederli. Il gruppo di ricercatori era piuttosto nutrito ed era costituito prima di tutto dallo stesso professor De Vecchi, dalla dottoressa Linda Klinger della Princeton University. Del gruppo facevano parte anche la dottoressa Rosanna Pavoni, la dottoressa Clare Robertson, il dottor Robert B. Simon, Stefano Della Torre, per quel che riguardava le schede sui dipinti riproducenti il Museo, e la dottoressa Renata Castelli che, sulla scorta del mio lavoro e di quello della dottoressa Klinger, ha redatto una serie di più di trecento piccole schede sui dipinti di cui si possiedono solo copie e/o notizie. Alla fine del 1985 il volume era finito per quel che riguardava la parte scritta ma mancavano ancora la maggior parte delle immagini che ci si è procurati nel giro di un paio d'anni, direi a memoria. Il volume infatti è concepito come una serie di schede illustrate dalle immagini degli originali, delle copie degli Uffizi o dell'Ambrosiana o del Kunsthistorische di Vienna e dalle incisioni tratte dagli "Elogia" o da altre serie coeve, cioè cinquecentesche, per un totale di più di cinquecento pagine e altrettante immagini. C'è da dire che queste ricerche invecchiano in fretta nel senso che, per fortuna, molti studiosi si occupano di storia dell'arte e sempre di più si occupano del Giovio e dei suoi quadri cosicché si devono sempre riaggiornare le bibliografie relative alle schede e qualche volta modificare le schede stesse. Direi che questo è però un destino ineluttabile tanto che io concepisco questo, benedetto/maledetto, volume come un punto di partenza per altri lavori che da lì dovrebbero partire e non come una pietra tombale da mettere sopra le opere del Giovio. Il volume dovrebbe essere una vera miniera di informazioni: per la prima volta sono racchiuse nello stesso libro le immagini di centinaia di personaggi dell'antichità ma soprattutto del XVI secolo e ci sono poi gli studi specifici su opere attribuite alla bottega di Tiziano, al Bronzino, all'Anspertini, al Dosso, alla scuola dei Clouet, a Baccio Bandinelli, al Salviati, al Campi, a Ridolfo del Ghirlandaio ecc. Questi lavori sono importanti per gli studiosi, specie per gli americani tant'è vero che in questi lunghi anni in cui sono stato, e sono tutt'ora, il "depositario" di scritti e immagini, bozze di stampa e carteggi ho sempre cercato di dare tutte le informazioni possibili, fatti salvi i diritti di copyright della Commissioni Nazionale, a tutti ricercatori provenienti dall'Italia e dall'estero che in qualche modo si sono occupati del Giovio e che mi sono stati indirizzati.
Tra questi vorrei ricordare la vicenda della dottoressa Nicole Hegener studiosa dei ritratti del Poliziano e che, essendo tedesca, bionda e signorina, ha potuto vedere la collezione di una ventina di originali gioviani, tra cui appunto il Poliziano, di un erede torinese che mi aveva letteralmente "bidonato" mandando a vuoto un incontro programmato da tempo. Il ritratto del Poliziano ora si trova a Como, presso un privato che lo ha acquistato da questo erede, visto che le istituzioni pubbliche del tempo non trovarono i venti milioni di vecchie lire necessari per acquisirlo alle collezioni museali comasche. Ora possiamo dire che il lavoro di scrittura e di reperimento delle immagini è pressoché terminato ma nel frattempo, inevitabilmente, altri ricercatori ignari dell'esistenza del volume "in stampa" studiando le stesse opere arrivano a conclusioni che già sono presenti da tempo nell' "Iconografia" ma che, ovviamente, nessuno o quasi ha mai potuto vedere. Il ritardo della stampa del volume sta però assumendo dimensioni inusitate: più volte io o altre persone abbiamo compiuto l'aggiornamento bibliografico delle schede presso le biblioteche d'arte italiane ma più passa il tempo e più si aggiungono opere da schedare, non solo il Poliziano ma anche un Della Rovere di bottega del Tiziano e una grande veduta del Museo, probabile originale da cui sono state tratte le copie seicentesche presenti nelle collezioni civiche. Queste schedature sono già state sistemate ma il fatto è che ogni tanto ricevo segnalazioni di possibili ritratti gioviani che emergono dal nulla e tra me dico: «Chissà se riuscirò mai a vedere terminata l'impresa o se sulla mia tomba si scriverà: "Qui giace chi non vide mai stampata l' "Iconogafia gioviana"».
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