Nell'infanzia di Pontiggia
Erba era come Mompracem

È tutto ancora come quando Giuseppe Pontiggia, talvolta, vi dimorava, nella casa avita di Incasate che allo scrittore piaceva mantenere nella rustica e sobria semplicità dei tempi lontani durante i quali  era la residenza della famiglia paterna. A Incasate, congrega di edifici ancora di sapore  vagamente antico posti su un dosso lieve dove la pianura comincia a farsi collina,  arrivava per trascorrere brevi, talvolta fugaci ma intensi, scampoli di vacanza.
Tornava così alle atmosfere e ai ricordi di quando era ragazzo e scorazzava con gli amici nel Pian d'Erba, nei boschi di betulle e di pioppi, lungo le rogge, sulle sponde dei laghi per cercare e immaginare avventure come quelle che lo avevano preso leggendo Salgari. Sul balcone, tra muri ottocenteschi, è rimasto un bersò di vite americana, a settembre generoso di grappoli,  sotto il quale stanno ancora il tavolo e le sedie da giardino sulle quali il "Peppo" (come ancora ricorda  qualche amico erbese) si sedeva a leggere, mettere sulla carta qualche pensiero, oppure per guardare il panorama di Erba, mortificato da capannoni e condomini brutti che però non sono riusciti a cancellare completamente i profili azzurrini della Buerga, la bassa collina morenica a ridosso del Lago di Alserio: la Mompracem per l'adolescente Pontiggia. Quando era ragazzo, studente nella scuola media «Carlo Annoni» di Erba, finiti i compiti partiva per la Buerga, in bicicletta con un gruppetto di amici compagni d'avventura, tra cui il cugino Ezio, che era il più esuberante, quasi un mito per lui. Sono stati ragazzi assieme, amici per la pelle, il ragazzo di nome Peppo destinato a diventare un grande scrittore e il cugino Ezio Frigerio che sarà lo sceneggiatore richiesto da tutti i più importanti teatri del mondo, dalla Scala al Metropolitan. Ed erano intensi  i ricordi di "quegli anni" . Pontiggia ha dedicato al cugino Ezio molte pagine del libro Il residence delle ombre cinesi, edito da Mondadori, uscito postumo nel 2004. Nel capitolo che ha per titolo Sandokan Pontiggia racconta delle avventure e delle scoperte nei boschi di Erba che per loro erano le foreste della Malesia. Lui era Yanez. Sandokan era naturalmente l'esuberante cugino Ezio . Altre volte le selve della Buerga diventavano le "foreste ardenti" del Far West. La fantasia era così grande da inventare giochi stupendi come quello dei "due detective" (bavero alzato e occhiali scuri). Ezio era il capo, Peppo la spia. Ma una volta andò male. Il sospettato si accorse dei pedinamenti e li affrontò costringendoli a una fuga ignominiosa. Allora Ezio disse semplicemente: «Cambiamo bersaglio».
Ormai molti anni fa il Peppo mi coinvolse piacevolmente in una bella chiacchierata su Erba e sul suo amore per questi suoi luoghi dell'adolescenza. Mi raccontò che ogni volta che in auto oltrepassava Merone chiedeva all'autista (lui non guidava) di rallentare prima di entrare a Erba perché voleva osservare bene il letto del Lambro e in particolare una pozza del fiume che ancora resiste: «È "ul funderon, li ho imparato a nuotare», diceva sorridendo. La chiacchierata finì in un lungo articolo del quale lo scrittore mi ringraziò in una lettera. Anche in alcuni suoi libri, in particolare in Vite di uomini non illustri si riconoscono personaggi erbesi o dei dintorni di Erba.
È stato bello ricordare suo padre con Andrea, il figlio, l'unico, il ragazzo che "è nato due volte". Andrea era seduto su una delle sedie sotto il bersò e guardava il panorama, come piaceva al  padre. Sorridevano il suo volto soavemente sereno, lo sguardo dolce e pacato. Ed è stato più che naturale parlare di quello stretto, appassionato rapporto che lo scrittore ha sempre mantenuto con Erba, il "suo paese", anche se l'anagrafe dice che è nato a Como. Era un abbraccio così stretto che lo scrittore ha voluto che fosse sepolto nel cimitero di Arcellasco a poche centinaia di metri da quel portone di legno, ancora con il grande catenaccio di ferro, che è l'accesso della casa di Incasate. Pontiggia riposa nella tomba che per lui ha ideato e fatto costruire il cugino Ezio, l'amico Sandokan, il quale ha scelto di ricordare il Peppo con la riproduzione in  grandezza naturale di un antico mosaico romano rinvenuto in Tunisia e raffigurante Orfeo con la cetra in mano che parla agli animali. Il grande scenografo volle assistere e sovraintendere personalmente quando gli operai misero in loco il pannello musivo.
In un'altra delle poche volte che  ho trascorso qualche oretta  con il Peppo ricordo della sua attenzione per quella "verde valletta", tra l'altura di Torricella e Incasate, dove scorrono il traffico della "provinciale", una roggia che non ha nemmeno nome, ma soprattutto aleggiano rimembranze di grandi uomini. Torricella: che luogo importante: Carlo Porta le dedicò un celebre sonetto e vi soggiornò il Manzoni. Il poeta Carcano, ospite del Manzoni, dedicò al Pian d'Erba due stupende poesie. Decenni più tardi lungo la valle passava Carlo Emilio Gadda quando, giunto a Erba, saliva alla sua non amata casa di Longone.
Aver scelto la terra degli avi per la dimora estrema è di certo l'elemento più eloquente di quel grande  affetto dello scrittore per la "sua Erba", un elemento certamente solido sul quale, oltre che sulla grandezza delle sue opere letterarie, poggia sicuro il desiderio di molte persone, tra cui molti intellettuali e persone di cultura,  di vedere dedicato a Giuseppe Pontiggia, un qualche cosa di veramente importante e significativo della città.
Emilio Magni

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