Le geometrie di Sergio
guardano al Barocco

Alla Galleria Il Tramite di via Borgovico, fino al 30 ottobre, la mostra di uno degli artisti contemporanei più interessanti. Guarda il video in cui il critico Edoardo Di Mauro analizza l'opera del pittore comasco, di origini calabresi.

di Laura Di Corcia

Per capire almeno in parte l'orizzonte non solo concettuale, ma anche quello simbolico ed emotivo di un artista, occorre partire dall'opera. Domandare a lei che cosa, e come. E quindi, di fronte alla tela "Angeli ribelli" di Gianfranco Sergio, calabrese trapiantato a Como, che espone alla Galleria Il Tramite di via Borgovico, scopriamo che questo artista, apparentemente giocoso e disimpegnato in realtà esprime nei suoi quadri il suo radicamento entro un alveo artistico che guarda con distacco alla spontaneismo andando ad attingere con avidità, tramite una memoria colta e appassionata, dalla lezione del passato, e (nel suo caso) soprattutto da quella seicentesca.

Partiamo dalla tela che più mi ha colpita, «Angeli ribelli». Che significato hanno questi angeli che cercano di abbattere una torre di libri?
È un attacco alla cultura. La torre sembra cadere, ma alla fine rimane ben salda. Ciò significa che l'attacco è inutile, i valori della cultura sono intramontabili.
La stessa cosa si può dire dell'arte?
Durante l'epoca della crisi, il peso dell'arte si è fatto sentire molto. Perché secondo me tra tutte queste brutture, c'è proprio bisogno di bellezza. Chi credeva che l'arte fosse finita (mi riferisco a Giulio Carlo Argan) errò. Secondo me la pittura è viva più che mai e anzi, dirò di più: stiamo per assistere ad un nuovo Rinascimento pittorico.
Il cromatismo così forte delle sue tele allude a questo, a una nuova vitalità pittorica da opporre alle movenze più fredde dell'arte concettuale?
Sono stato sempre un amante del colore, da quando ho iniziato a dipingere, nel 1972. Ma l'arte concettuale l'ho fatta anch'io e non credo che sia poco vitalistica. Tutto è arte concettuale, da un certo punto di vista, perché, sia che si faccia arte figurativa o astratta, l'opera rimane sempre il feticcio su cui l'artista prende forma il pensiero dell'artista.
Che significato ha il titolo di questa personale?
"Anikonici surreali" fa riferimento dapprima alla figura del cono, che è spesso presente nelle mie opere. Poi spiega che queste figure, queste icone, in realtà siano aniconiche perché fungono da portavoce di un concetto profondo.
Lei parla spesso del suo debito nei confronti del passato… quali sono le sue grandi passioni?
Amo il Seicento. Caravaggio e Velasquez, soprattutto. E uso spesso la citazione. Rubo un capello a uno, un capello a un altro; uno a Warhol, uno a Burri. Un'altra grande passione è il futurismo, perché è un atto rivoluzionario. Credo che nelle mie opere questi amori si vedano. Per esempio in "Coltivatori d'armi" ho citato Velasquez, e i colori, lo sfumato rimandano a Caravaggio.

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