"Pepin" Meazza
il mito nerazzurro
che esordì a Como

Il libro di Mauro Colombo ripercorre la vicenda umana e sportiva del più grande giocatore italiano di calcio

Il 27 agosto 1927, una domenica, è data importante per Como, ma forse più per la storia del calcio italiano ed internazionale. In quel giorno fu inaugurato lo stadio Sinigaglia con un incontro di calcio tra la Comense e l'Internazionale, che non si chiamava ancora Ambrosiana, nella quale esordì in prima squadra il centroavanti Giuseppe Meazza, il più grande giocatore italiano e di certo il più celebrato. L'esordio comasco del grande Pepin, milanese Doc, dall'allenatore e dal popolo dei tifosi chiamato Balilla perché era ancora un "bagaj", è uno dei passaggi chiave del libro "L'ultimo dribbling del Balilla" (Morellini Editore, 250 pag, 17,90 euro) che Mauro Colombo, giornalista e scrittore di Erba, grande supporter neroazzurro e buon conoscitore del calcio, ha scritto per celebrare Meazza nel centenario della nascita e per raccontare la sua storia di calciatore e di uomo. La prefazione è di Bruno Pizzul: una "vita per il calcio". Per raccontare il "suo eroe" Colombo la prende alla larga facendo scoprire Meazza a un giovane un po' «acerbo di pallone», però assai curioso e pieno di interessi per il mondo del "football". Ad infilarlo a capofitto nella storia dell'Inter e di Meazza è un anziano, pacato e «antico crociato con colori neroazzurri», soprattutto grande intenditore di calcio e pure un po' filosofo. Il giovane, Dario Maselli, sceneggiatore alle prime armi, con incarichi di lavoro saltuari, vince un abbonamento del campionato dell'Inter a una lotteria e il 23 agosto 2009, domenica, va ad occupare il posto assegnatogli al Meazza. C'è Inter-Bari, la prima di campionato. Accanto alla sua poltroncina c'è uno spettatore attempato. Si scambiano un'occhiata tutta "neroazzurra", si presentano. L'anziano è il pensionato Felice Rapetti, da una vita allo stadio per vedere l'Inter. La "Beneamata" (come la chiamava Gianni Brera) va in vantaggio. Ma verso la fine il Bari pareggia: una delusione per i due ormai diventati quasi amici. Maselli ha uno sfogo: «Ah, se fosse rimasto Ibrahimovic».  Rapetti però lo ammonisce: «Quel che conta è l'Inter che resta sempre grande. Anche i più grandi giocatori passano. Fanno il loro tempo».  Rapetti però aggiunge: «Uno solo è rimasto nella storia dell'Inter come  il campione che non si dimentica. È Giuseppe Meazza». Poi invita l'amico ad andare all'ingresso principale dello stadio per osservare la targa a lui dedicata. 
Quello di un caldo pomeriggio agostano è il primo di una lunga sequenza di incontri tra i due. Ed è dai "conversari" tra il "maestro di calcio e di vita" e il giovane sceneggiatore, che poggia la bella storia scritta, con evidente partecipazione, da Mauro Colombo e dalla quale viene fuori la grande figura di Giuseppe Meazza, il più amato e osannato giocatore italiano, il campione che ha fatto vibrare folle oceaniche. La storia si dipana su tre livelli che si intersecano disinvoltamente e che mostrano la grande capacità narrativa dell'autore. Il primo viaggia sul susseguirsi delle partite dell'Inter nel fantastico campionato  2009-10 concluso felicemente con la famosa "tripletta". La secondo vicenda si snocciola seguendo l'epopea del grande campione ed è quindi la più importante. Sullo sfondo c'è poi la storia personale di Dario Maselli, del suo lavoro, delle sue vicende personali.
Lo sceneggiatore, ad un certo punto, pensa di imbastire una fiction sulla bella storia che sta vivendo e quindi, sulla spinta dei racconti dell'amico, va anche a documentarsi in biblioteca. È bello scoprire tanti episodi sui quali poggia la grandezza di Meazza e della sua celebrità che ancora dura anche dopo tanti anni dalla sua morte.
Colombo ci racconta che il "Balilla" già era grande quando giocava nelle giovanili dell'Inter. A segnalarlo all'allenatore Arpad Weiz, ebreo polacco, fu il grande Fulvio Bernardini, genio romano  trapiantato (per poco) a Milano. Weisz dunque lanciò Meazza facendolo esordire a Como. Poi fu deportato con la famiglia ad Auschwitz .
Sullo sfondo della storia di Meazza vi è anche il famoso crollo dello stadio di via Goldoni, anno 1930, incontro Ambrosiana-Genova. Per seguire un'evoluzione di aerei prima della partita, la folla sugli spalti si mosse e la tribuna in legno crollò: nessun morto ma tanti feriti. I giocatori uscirono dagli spogliatoi ad aiutare i soccorritori. Un tifoso ferito guardò Meazza che lo sollevava e gli disse: «Se tu oggi segnerai io guarirò». Fu però il Genoa a segnare tre reti. Ma verso la fine si scatenò "el Pepin" con tre splendide reti e l'Ambrosiana pareggiò. Nella prosa di Colombo c'è quell'epos del calcio di cui noi godemmo leggemmo nelle cronache calcistiche di tanti anni fa e che quindi apprezziamo con qualche briciola di nostalgia.
Tanti sono gli aneddoti sulla vita di Meazza ed il finale è a sorpresa.

Emilio Magni

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