"Luisìn, sogno nerazzurro
Ma la mamma disse 'no'... "

Gigi Meroni, l'indimenticato campione del Torino, a cui Como ha dedicato in questi giorni una mostra, raccontato dagli amici dell'oratorio di San Bartolomeo. Tanti gli aneddoti. Da ragazzo, fu notato dall'Inter, che lo voleva nella sua squadra giovanile. La madre, però, mise un veto...

di Marco Castelli


Le immagini delle sue indimenticabili prodezze sul campo sono rimaste in bianco e nero, ma quelle della sua vita a Como sono sempre a colori. Gigi Meroni, a quarantatrè anni dalla tragica scomparsa, continua a vivere: nella sua casa di via Milano, all'oratorio di San Bartolomeo, al Broletto, dove, da venerdì, è stata allestita la mostra a lui dedicata (il prossimo anno la Rai dovrebbe intitolargli una fiction, diretta da Claudio Bonivento). La “farfalla granata” non smetterà mai di volare nel cuore della famiglia e degli amici, che hanno conosciuto e amato “Luisìn” molto prima che diventasse il fuoriclasse del Torino e della Nazionale italiana.
L'abitazione, il campetto da calcio dell'oratorio, il bar della
parrocchia: aprendo lo scrigno della vita di Meroni, questi sono i luoghi che hanno segnato indelebilmente il destino di un campione, che, anche dopo la notorietà, non ha mai dimenticato le persone che hanno accompagnato la sua crescita. Proprio loro, insieme alla famiglia, hanno voluto fortemente omaggiare Gigi, attraverso l'esposizione del Broletto «Luisìn abitava in via Milano, nella casa adiacente alla mia – ricorda Livio Prada, oggi 80 anni, da sempre appassionato di pallone -: un giorno si giocava a calcio nel mio cortile, un altro giorno nel suo e, in queste partite, la porta era la cassetta delle lettere. Negli anni successivi, diventai dirigente del San Bartolomeo, la squadra dove Meroni mosse i primi passi, e lo segnalai al Como. È sempre stato legato a me, tanto che mi regalò la medaglia della prima partita che disputò con la Nazionale B».
La carriera calcistica permise a Meroni di giocare negli stadi di tutta Italia – San Siro compreso, dove segnò un gol memorabile con uno spettacolare pallonetto - , ma il campo a lui più caro è sempre rimasto quello dell'oratorio di San Bartolomeo. A testimoniarlo, è un altro amico del campione, Battista Ghioldi.
«Ho conosciuto Gigi quando aveva 10-12 anni, proprio all'oratorio – racconta –. Eravamo lì tutte le sere d'estate e tutte le domeniche, a orario continuato. Anche quando, dopo le scuole medie, sia io, che lui siamo andati a lavorare, il sabato pomeriggio e la domenica al campo erano un appuntamento fisso. Nelle partite, Gigi giocava già da ala e mostrava il suo talento. Non a caso, a soli quattordici anni, fu notato dall'Inter, che lo chiamò per un provino. Ricordo che, con altri due amici, lo accompagnammo in treno al centro sportivo Redaelli di Milano: “Luisìn” disputò una partita contro la squadra giovanile dell'Inter, nella quale militava Sandro Mazzola. Il trasferimento, poi, non si fece, perchè la mamma si oppose».
Così, la vita di Meroni continuò ancora per qualche anno nella sua Como. «Dopo le partite a calcio – ricorda ancora Ghioldi -, andavamo al bar della parrocchia, che si trovava vicino al cinema
Astra: lì ci trovavamo in compagnia di almeno 30-40 persone e c'era grande goliardia. Luisin rimase sempre legato al nostro gruppo: basti pensare che d'estate, quando giocava nel Genoa e nel Torino, veniva a vederci giocare, nelle partite dei tornei serali. Una volta, a Maslianico, si presentò al campo con la famosa gallina, mentre qualche sera dopo arrivò con una capra. La sua presenza portava sempre grande allegria».
Oltre ai luoghi comaschi, nello scrigno della vita di Meroni ci sono le sue grandi passioni, la musica, la pittura e, soprattutto, il valore dell'amicizia. «Ricordo che aveva il giradischi in macchina e ascoltava Mina e Paul Anka – prosegue il signor Battista – L'amore per l'arte e la pittura (non a caso, alla mostra del Broletto, sono esposti alcuni suoi quadri, ndr) era invece sbocciato grazie al lavoro. A tredici anni, infatti, Gigi fu assunto in una ditta che si occupava di design per la tessitura e, successivamente, cominciò a dipingere. Luisìn, però, era soprattutto un vero amico: ricordo che, quando lavoravo in banca in piazza Perretta, lui alla sera passava con la sua auto e mi diceva “Ti accompagno a casa”, anche se sapeva che abitavo a pochi isolati di distanza. In realtà, era un modo per trascorrere del tempo insieme: arrivati sotto il portone, infatti, ogni volta restavamo lì a chiacchierare per oltre un'ora».
Infine, gli amici non possono dimenticare un'altra passione di Meroni, quella per le quattro ruote. «Gigi era un grande appassionato di auto sportive e io ero il suo meccanico di fiducia – sottolinea Giampiero Della Torre, tra gli organizzatori dell'esposizione del Broletto -. Prima comprò una Seicento beige, poi una Giulietta Spider azzurra, quindi una Aston Martin, che gli fu procurata dal compagno di squadra Lido Vieri, e la famosa Balilla, che recuperò lui stesso in un pollaio nei pressi di Vercelli. Una volta, ricordo che io e lui partecipammo a un Tour del Lario dedicato alle vetture d'epoca. Io guidavo una Balilla, mentre lui mi seguiva con la sua Giulietta Spider. Pensava che prima o poi ci saremmo dovuti fermare. Invece, non fu così e arrivammo terzi». Luisìn, d'altra parte, i suoi traguardi li raggiungeva sempre.

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