Il sacrificio di Violetta
nella Traviata al Sociale

Il 15 dicembre e il 17 dicembre alle 20,30, torna sul palcoscenico del Teatro Sociale - Aslico "La traviata" di Giuseppe Verdi. Ultima opera della cosìddetta “trilogia popolare” "Traviata" è un dramma in tre atti e quattro quadri su libretto di Francesco Maria Piave, rappresentato per la prima volta al Teatro “La Fenice” di Venezia nel Marzo 1853. Fu un fiasco. Forse per imperizia dei cantanti, forse per l'ambientazione storica collocata nella società contemporanea, forse perché, per la prima volta, venne portato in scena un dramma borghese, con personaggi disegnati musicalmente con efficace introspezione psicologica. Ecco l'intervista al soprano spagnolo Yolanda Auyanet, già protagonista de "La figlia del reggimento", lo scorso anno.

di Marina Riboni

Protagonista di "Traviata" è il soprano spagnolo Yolanda Auyanet, nota al pubblico del Teatro Sociale di Como che l'ha ascoltata lo scorso anno nella produzione della "Figlia del reggimento".

Signora Auyanet, Violetta è un personaggio che sembra rappresentare un caposaldo del suo percorso artistico di questi anni.

"Traviata" è l'opera che in assoluto preferisco, e ho avuto la fortuna - o sfortuna, chissà!? - di debuttare presto. La prima volta che ho affrontato Violetta è stato al Teatro della Zarzuela di Madrid. Avevo solo venticinque anni, forse era un azzardo, ma mi sono buttata pazzamente in questa avventura, di cui conservo ricordi stupendi. Cantavo nel secondo cast, e nel primo svettava Alfredo Kraus. Ho così avuto modo di ascoltarlo, di vederlo al lavoro… Il direttore musicale era Alberto Zedda, e posso dire di essergli debitrice ancora oggi, perché è con lui, oltre che con il mio maestro di canto, che ho impostato la mia Traviata. In quell'occasione ho anche avuto la possibilità di lavorare con una regista che in Spagna è un vero pilastro nel mondo teatrale, Nuria Espert.

Dopo il debutto a Madrid, sotto gli occhi di tutta la Spagna, la sua Violetta è approdata anche in altri paesi, fra cui l'Italia.

Sì, ho cantato spesso Violetta, anche in teatri minori, avendo modo di affinare il ruolo poco a poco. L'anno scorso sono stata invitata al Maggio Fiorentino, un'esperienza importante, che certamente mi ha visto maturata, rispetto agli inizi.

È cambiato in questi anni il suo modo di concepire il personaggio di Violetta?

Dal punto di vista psicologico direi di no: è vero che si tratta di un carattere sfaccettato, difficile da rendere, ma non da capire. Sul piano vocale senz'altro, perché l'esperienza fa sì che le scelte in parte mutino. Devo però anche dire che, da sempre, cerco di essere il più possibile fedele a quanto scritto. Ho studiato ogni accento, ogni segno di Verdi, con la massima cura. Quindi il fraseggio, la concezione puramente musicale sono rimasti gli stessi, aderenti al testo.

Una visione coerente con quella del direttore, che ha dichiarato di voler spogliare l'opera di tanti orpelli legati alla tradizione.

Assolutamente sì! Ci siamo trovati sulla stessa lunghezza d'onda, a condividere idee musicali molto vicine. Lavorando, spesso è bastato uno sguardo per intendersi, senza bisogno di grandi discorsi. Il mio obiettivo è quello di denudare l'opera di ciò che è stato aggiunto per abitudine, ma che non appartiene al testo originario.

Come agirà in scena la sua Violetta?

La regia è molto attoriale, di corpi, di sguardi. Sarà un impatto asciutto per il pubblico, quasi scioccante, perché gli oggetti sono pochissimi, non ci sono ornamenti. Siamo solo noi cantanti, con il canto e con l'azione pura, a tradurre i sentimenti dei personaggi.

Emozionante tornare nel Circuito Lombardo con un ruolo così popolare?

Emozionante e piacevole. Abbiamo avuto una splendida accoglienza nei teatri dove abbiamo già cantato! Violetta è così nota che il paragone è sempre pronto a scattare. Una responsabilità che però affronto con gioia, avendo ormai una buona esperienza in questo ruolo.

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