Como città del cinema
con Alba Rohrwacher

di Paolo Lipari
Si inizia questa sera con "La solitudine dei numeri primi". La prima parola del Festival sarà l'ultima del suo vocabolario, la più distante dal suo vissuto quotidiano. Al cinema Astra, per una settimana, sarò davvero impossibile sentirsi propriamente "soli". Per quanto i tempi attuali non concedano molto ad ogni speranza di festosa condivisione (di idee,  attese, sentimenti...), per quanto mai come in queste ore stia capitando un po' a ciascuno di sentirsi malinconicamente richiuso nell'isolamento di un "numero primo",  ebbene anche in un simile scenario il cinema, il cinema vero, sembra ancora rivendicare un proprio ruolo terapeutico: il grande schermo è ancora lì pronto a garantirci l'impressione di un abbraccio.    
Il bellissimo film di Saverio Costanzo (come il romanzo di Giordano da cui è tratto), al di là dell'intensità drammatica dei suoi contenuti narrativi, è in realtà un inno al valore dei rapporti, esorcizza, mettendolo in scena, lo spettro di una condizione anaffettiva senza più fiducia in qualsiasi ipotesi di incontro.
«Il cinema italiano a Como», nel suo piccolo, continua a riproporsi al territorio, convinto proprio di questo: non rimane molto altro su cui investire se non nella sorpresa che può regalare lo stare un po' più vicini. In questo senso il sacrificare un film al rango di bagaglio "scaricato" dalla rete, è privarsi di una componente "festosa" che è parte di qualsiasi proiezioni pubblica. La manifestazione fin dal suo primo, timido affaccio, ha voluto scommettere nel potere socializzante delle emozioni scatenate dal nostro cinema, soprattutto se accompagnate dalla presenza fisica dei suoi stessi artefici. E il successo sinora riscosso ci induce a pensare che la nostra fatica ha forse un suo significato. C'è ancora chi si dice convinto che la visione di una pellicola in una sala totalmente deserta rappresenti il culmine del piacere spettatoriale. Ecco: all'Astra di Como, per una settimana, lavoreremo tutti per garantire l'esatto contrario.
Ormai ce lo sentiamo come un compito da assolvere con chiara consapevolezza della modestia del suo raggio ma anche con una parte di orgoglio per la limpidezza del suo intento.
Per carità, nulla di ecumenico o di programmaticamente socializzante. Il Festival è sostenuto dalla Camera di Commercio e dall'Assessorato alla Cultura della Provincia, soggetti che non pongono all'apice delle loro finalità l'aggregazione in quanto tale. Eppure, da sei anni a questa parte, succede proprio questo: «Il cinema italiano a Como», senza sforzarsi di esserlo, sta diventando sempre di più una bella occasione per non sentirsi soli. Senza l'obbligo di percepirsi complici, ma con il lieto sospetto di non essere rinchiusi nella dimensione dei "numeri primi". Buona visione a tutti!

(* Ideatore e direttore artistico del Festival; direttore della scuola per filmaker «Dreamers» di Como)

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