
Cultura e Spettacoli
Martedì 15 Marzo 2011
La pitture scoprì
il "dolce stil novo"
Dante Gabriel Rossetti & colleghi, nell'Inghilterra ottocentesca, si ispiravano all'Alighieri, alla figura di Beatrice e a Giotto. Una mostra, a Roma, ripercorre quella suggestiva corrente che ha dato origine all'Art Noveau. Guarda il video.
Fiori, rose, corpi muliebri sfinati alla Botticelli in un biancore ammaliante: sono giunte in Italia, a Roma, le stilizzate, irreali opere pur brucianti di erotismo dei Preraffaelliti inglesi, nella mostra - aperta nella Galleria Nazionale d'arte Moderna, sino al 12 giugno con catalogo Electa - "Dante Gabriel Rossetti, Edward Burne-Jones e il mito dell'Italia nell'Inghilterra vittoriana", che la Galleria ha realizzato d'intesa con la Tate Gallery di Londra. «Non riesco ancora a spiegarmi - dice Maria Teresa Benedetti, ideatrice del progetto della mostra - come mai i flemmatici inglesi abbiano potuto innamorarsi a tal punto dell'Italia, nell'Ottocento».
La mostra, amplissima, verte su Dante Gabriel Rossetti, su Burne-Jones, su altri Preraffaelliti coevi, Dyce, Brown, Lighton, il primo Turner, ma soprattutto sui modelli italiani cui essi si ispirarono, esposti sia in rare opere originali di Giotto, Botticelli, Mantegna, Crivelli, Perugino, Luini (amato più che Leonardo), o attraverso le preziose cromolitografie ottocentesche della Arundel Sciety, che gli inglesi studiavano in luogo degli originali. Ma perché ai Preraffaelliti bastava assimilare le copie dei capolavori italiani?
«Non era solo il motivo logistico a spingerli verso le riproduzioni di opere lontane - spiega Teresa Benedetti -, che richiedevano un lungo viaggio per essere ammirate. Io parlerei di un Museo immaginario, basato su libri, riproduzioni, calchi. Non riusciremo mai a trovare nell'opera dei Preraffaelliti una trascrizione neppure lontanamente letteraria dei modelli. C'era invece, specie nella pittura di coloro che non si recarono nemmeno una volta in Italia, come l'oriundo italiano Dante Gabriel Rossetti, una sorta di trance creativa, ove si mescolano come in sogno elementi sensuali e spirituali, una concentrazione religiosa profonda, l'aspirazione a un Medioevo ideale, il ritorno all'antica onestà del dipingere, come diceva Ruskin». Sì può parlare di fuga dalla realtà, indotta dalla prima industrializzazione inglese, i cui effetti umani e sociali erano già amaramente percepibili? «Il punto di riferimento è Dante, "cuore del Medioevo" con Beatrice, su cui Rossetti e il critico Ruskin si incontrarono idealmente, e in cui il pittore identificava se stesso con la modella e moglie Elizabeth Siddal. L'ansia di un mondo più puro e spirituale unì tutti gli artisti Preraffaelliti - che erano giovani sui vent'anni nel 1848 - divenendo anche ansia di liberarsi dalla tirannìa dei modelli accademici». Come conciliarono spiritualità e sensualità i Preraffaelliti? «Dalla donna dantesca stilnovista scaturì l'ideale muliebre preraffaellita, che incarna l'aspirazione all'infinito, al mistero - continua la curatrice della mostra -. Il volto della donna istituisce un legame fra eros e trascendenza, fra orgasmo e rivelazione. Uno dei vertici, in cui il tema della bellezza diventa soffocante è la "Venus verticordia" (1868), Venere che stravolge i cuori, di Rossetti, da lui associata a Eva e a Elena di Troia (Burne-Jones creò invece la "Venus discordia", ispirata al Signorelli, ndr), immersa in un manto allusivo di rose rosse e prototipo della donna nell'Art Nouveau».
Tutto nei dipinti preraffaelliti, anche i più vicini al primitivismo italiano e al purismo quattrocentesco, arde di erotismo già malato e decadente: e questo fu il motivo per cui Ruskin si discostò dal Rossetti, proprio partendo dalla "Venus verticordia" di cui censurò il forte simbolismo sessuale dei fiori. Modella, dopo il suicidio della moglie del pittore Elizabeth, fu Jane Morris, sposata al pensatore, poeta, pittore William Morris, propugnatore del ritorno all'artigianato medievale, in opposizione all'industrializzazione ottocentesca. L'impossibilità di avere per sé Jane contribuì all'esasperazione erotica del Rossetti: il volto della "Venus verticordia" sotto la massa fulva dei capelli, esaltato dai simboli del sesso femminile, le rose rosse, i fiori di caprifoglio venati di rosso, la melagrana in mano, è quello di Jane - il vero e proprio ritratto che Rossetti le fece è a Roma, nella Galleria d'Arte Moderna - come nella "Proserpina" o nella "Pia de' Tolomei". Qui anzi, il dito di Pia puntato sulla fede d'oro all'anulare, dietro il richiamo ai versi di Dante nel Canto V del "Purgatorio" «…salsi colui che 'nnanellata pria disposando m'avea con la sua gemma», cela il riferimento alla fede nuziale di Jane, ossia all'impedimento alle nozze col pittore.
Ovunque però gli stupendi occhi verdi di Jane sono freddi, ostili, quasi l'artista inconsciamente vi vedesse una forza negativa, quel "demoniaco" che l'Art Nouveau di lì a poco avrebbe apertamente attribuito all'Essere femminile. Tale sentimento della realtà contorto e tormentato è espresso in una stupenda ed anticlassica pittura dai colori smaltati, intensi, chiusi in grafismi esasperati, sottratta al palpito della natura e originata dall'acceso rovello della mente.
Bellissimi i disegni impalpabili di Morris ispirati alla Cappella Medici Riccardi a Firenze o al Botticelli, l'intensa e raffaellesca "Nanna" di Leigthon - la modella romana amata dal pittore Feuerbach e certo anche da lui - la "Psiche che apre la scatola d'oro" di Waterhouse. Un'arte straordinaria dunque che, nata dai capolavori "armonici" italiani, li nega e li trasforma dolorosamente nel loro contrario.
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