Affreschi sconosciuti
in Sant'Abbondio

Il restauro ha portato alla luce uno strato di pitture più antico - Le analisi rivelano colori rari e preziosi, il mistero dell'autore

C'è la mano di un artista sconosciuto sotto gli affreschi di Sant'Abbondio. È l'eccezionale scoperta realizzata sulla scia dei restauri in corso in questi mesi sull'arco trionfale e sulla prima crociera presbiteriale del capolavoro romanico. I lavori, voluti e finanziati dalla Famiglia Comasca, non stanno solo restituendo un po' del perduto splendore ai decori trecenteschi attribuiti al Maestro di Sant'Abbondio, ma stanno anche  regalando ai restauratori - gli studenti dell'Accademia di Belle arti "Aldo Galli", che operano sotto la supervisione di Vanda Franceschetti e Rossella Bernasconi - l'emozione di vedere riaffiorare sotto gli strati di scialbo e di intonaco uno strato di decorazione più antico, che riprende il motivo ornamentale già noto delle "palmette" che seguono in maniera ritmica e continuativa - una di fronte e le altre due di profilo - anche sulla navata.
"Ce ne siamo resi conto quando siamo saliti sul ponteggio e abbiamo avuto la possibilità di guardare da vicino gli affreschi  - spiega Vanda Franceschetti - In corrispondenza dell'arco trionfale sono rilevabili due strati pittorici successivi. L'"Annunciazione", di cui si sono conservati alcuni frammenti, è il più recente, sotto se ne trova uno precedente che riprende la decorazione pittorica a palmette che corre lungo la cimasa della navata".
Si tratta di una decorazione di eccezionale brillantezza, anche se poco visibile prima dell'intervento, e che presenta una particolarità: le analisi effettuate da Luigi Soroldoni hanno rivelato la presenza di cinabro, un colore molto prezioso e poco presente nella tavolozza degli affreschi, utilizzato più che altro per i dipinti a cavalletto. Molto preziosa è anche l'azzurrite, di cui sono stati portarti alla luce alcuni frammenti sulla volta. Più comune negli affreschi dell'epoca è un altro pigmento rilevato in laboratorio, che conferirebbe allo strato da poco scoperto un particolare tono tendente al blu: "Si tratta del "nero vite", un colore che ha una tonalità bluastra, piuttosto fredda, conferita dai tannini presenti nella vite con cui viene realizzato. Si sono conservate anche delle velature straordinarie in azzurrite sopra alcuni fiori sull'arco della prima campata".
Lo strato di pittura più antico - "Potremmo datarlo 50 anni prima di quello già noto, ma è una supposizione al momento del tutto ipotetica", dice la professoressa Franceschetti - si è rivelato, dopo le operazioni di pulitura di ritocchi opachi successivi, di un colore vivacissimo. "Putroppo - continua la curatrice - la superficie è letteralmente massacrata dall'intervento di restauro effettuato negli anni Trenta dal Pelliccioli. Probabilmente il restauratore operava con pochissima luce e con strumenti rudimentali: si nota un vero accanimento sull'intonaco con un attrezzo metallico, evidentemente manovrato con mano molto pesante per riuscire a danneggiare in quel modo una pellicola pittorica molto solida".
Se le analisi chimiche del più antico strato di pittura sono in corso - e potrebbero essere approfondite da una convenzione con il Dipartimento del Beni culturali dell'Università dell'Insubria - tutto da studiare è ancora l'aspetto artistico: chi e quando ha affrescato per la prima volta la basilica di Sant'Abbondio? E cosa raffigurava l'intera decorazione? "Per ora gli storici dell'arte non sanno bene come esprimersi - conclude la professoressa Franceschetti - Con l'architetto Daniele Rancilio della Sovrintendenza alle Belle Arti stiamo tentando una lettura omogenea dei risultati del nostro lavoro".

Barbara Faverio

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