Cultura e Spettacoli
Mercoledì 15 Giugno 2011
Cattaneo e Leopardi,
un incontro razionalista
A 16 anni, il futuro progettista, studente di liceo, scrisse un saggio sul poeta di Recanati, oggi pubblicato dall'Archivio che porta il suo nome. "La Provincia" l'ha letto in anteprima.
A sedici anni di solito, quando si è alunni diligenti nelle Medie superiori, lo studio delle materie letterarie e l'emulazione con i compagni induce a qualche prova di scrittura creativa extrascolastica: poesie, racconti, brevi componimenti, qualche pensiero sparso con ambizioni filosofiche. Il sedicenne liceale Cesare Cattaneo arrivò nel 1928 a stendere un corposo saggio sulla figura e l'opera di Leopardi. E non era nuovo a prove di questo impegno, visto che due anni prima si era azzardato ad abbozzare uno studio sui "viaggi straordinari" di Giulio Verne, autore a lui particolarmente caro perché gli sollecitava la fantasia. Un Cattaneo precoce letterato, dunque, autore anche di un paio di commedie, «Asino» e «Paolo Pons», tutt'altro che disprezzabili quanto a struttura scenica, alcuni endecasillabi «di solida fattura rettorica», a detta del figlio Damiano, e qualche pagina autobiografica rivelatrice anch'essa di un'indole solitaria e riflessiva, estremamente vibratile di fronte agli atteggiamenti da prendere nella società in cui si trovava.
Ora l'Archivio Cattaneo ha dato alle stampe, nei nitidi volumi della sua collana, al saggio sul grande poeta di Recanati («Giacomo Leopardi», 86 pagine, euro 10) e a una raccolta di studi su un argomento specifico («È Dio il vero tema - Cesare Cattaneo e il sacro», pagine 190, euro 14) arricchiti da un'antologia commentata di scritti di Franco Ciliberti e dello stesso Cattaneo, oltre ad un recente discorso del Papa Benedetto XVI sull'arte. I due libri si integrano a vicenda per diversi motivi, che riguardano specificamente il contenuto e, meglio ancora, lo spirito del lavoro adolescenziale del futuro architetto comasco. Non si tratta di una semplice ricognizione critica sui capolavori leopardiani, affiancata da una minuziosa biografia del poeta, ma del soddisfacimento di un profondo bisogno spirituale, il confronto con un esempio di vita in cui la resa dei sentimenti era tale da lasciare nell'animo laceranti ferite. Di più, una disarmata sofferenza, una costante sensazione di fallimento per l'incomprensione o il disamore altrui, un presagio di morte prematura che insinua zone d'ombra in ogni relazione umana, nelle consuetudini della quotidianità. E nel confronto, tende a rispecchiare sé stessi, mettersi alla prova, rinsaldare un concetto di esistenza.
Esaminando la personalità di Leopardi, l'imberbe saggista, con scrupolo di storico e acutezza di interprete, trova accenti di compassionevole solidarietà umana. Basti un florilegio di citazioni per capirlo: «Povera anina che aveva finissima e intensissima la sensibilità, debolissima la forza di reazione... Quell'animo tetro e stizzoso... tutto chiuso nella sfera del suo lirismo esaltato di pessimista». Toccante la conclusione: «Fu la sua una morte quieta, insensibile, impensata d'uomo nel quale il vital spirito già da gran tempo andava affievolendosi…» eppure era capace di «esprimersi in una lirica che è tutta una dedizione al mistero dell'universo». La constatazione ammirata, leggendo il saggio, del perfetto controllo lessicale, al quale non dovette peraltro mancare la revisione del nonno paterno, avvocato Cesare, scrittore esperto e sottile, non può distogliere l'attenzione dal nucleo essenziale delle argomentazioni che innervano il testo critico/biografico leopardiano. Vale a dire che si coglie l'intensa religiosità, che avvampa ancora di più quando viene posta in conflitto con una persona, intellettualmente e sentimentalmente dotata ma non dalla grazia della fede cristiana, «la luce che illumina la marcia nel buio e non può venire che da una forza soprannaturale» un bisogno «nello spavento del nulla, di riconoscere l'esistenza di Dio». È il credo che sorregge e vivifica tutta la ricerca di Cesare Cattaneo, da queste prime prove letterarie e filosofiche alle realizzazioni di un'architettura dove il suo anelito di purezza e di ascesi mistica si riversa con fiduciosa immedesimazione progettuale. Lo si è riconsiderato nei suoi scritti sull'architettura, pubblicati dall'Archivio nel 2010, lo si ritrova oggi negli interventi dell'interessante volume dedicato all'idea del sacro del grande razionalista, sul quale avremo modo di soffermarci in un'altra occasione.
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