
Cultura e Spettacoli
Venerdì 07 Ottobre 2011
Figli e famiglie in crisi
se il padre è "assente"
Fa discutere il saggio dello psicoanalista Massimo Recalcati ("Cosa resta del padre?", Cortina, 189 pag., 14 euro), che fa risalire l'involuzione del ruolo genitoriale al '68. Lo abbiamo intervistato.
"Cosa resta del padre?" è il titolo dell'ultimo saggio (edito da Cortina Raffaello, 14 euro, pp. 189) di Massimo Recalcati, uno dei maggiori psicanalisti italiani. "La Provincia" l'ha incontrato.
Riprendendo un'espressione di Lacan, lei definisce quest'epoca ipermoderna come il tempo dell'evaporazione del padre. Cosa significa?
Il termine "evaporazione" Lacan lo produce all'indomani della contestazione del '68, quando vede i giovani infilarsi in un tunnel: la decostruzione critica della figura del padre-padrone che reputa legittima, scivola fatalmente verso una liquidazione del concetto stesso di paternità. Si potrebbe dire che con l'acqua sporca si è buttato via anche il bambino. Evaporazione del padre significa che la sua funzione simbolica viene meno: il fatto che il padre di famiglia non abbia l'ultima parola sul senso della vita e della morte, del bene e del male, che sia stato destituito di un suo fondamento padronale è un'evidenza sociale. Per questo motivo il libro s'interroga su cosa resta dopo l'evaporazione; non liquida la questione paterna ma vuole riproporla nei termini di un resto fecondo, indicare un elemento di tenuta.
Per quale motivo la figura del padre è strutturalmente legata a quella della legge?
Come diceva Freud, il padre è simbolo della legge e la legge in psicoanalisi è sempre in rapporto all'impossibile. Più precisamente sancisce l'impossibilità dell'incesto, che non è solo l'impossibilità di giacere con propria madre. Certamente nell'analisi di Freud c'è sullo sfondo il mito di Edipo, ma il suo pensiero si spinge oltre: afferma che gli esseri umani non possono godere di tutto, sapere di tutto, avere di tutto. Significa, dunque, essere disposti all'esperienza del limite. Il padre introduce la legge in rapporto all'impossibile, rende il limite un'esperienza, con un'aggiunta importantissima: l'esperienza dell'impossibile è finalizzata a rendere possibile il desiderio.
(Leggi l'intera intervista sull'edizione cartacea de La Provincia di Como, in edicola l'8 ottobre)
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