Terzani, che "fratellone"
"Così diventammo amici"

In un libro gli anni trascorsi alla Normale di Pisa dal ragazzo toscano che sarebbe diventato, negli anni Ottanta, uno dei più celebri reporter internazionali e poi un "guru". Li racconta Alberto De Maio, manager pubblico, firmando con Dino Satriano un'opera densa di aneddoti. Guarda il video in cui Angela Staude, vedova di Terzani, parla del libro. Leggi sull'edizione cartacea de "La Provincia" del 7 novembre l'intensa lettera scritta da Terzani nel 1968, da New York, per gentile concessione dell'editore Tea.

di Laura d'Incalci

«Tanto è stato scritto di Tiziano Terzani (1938-2004, ndr) prestigiosissimo giornalista di fama internazionale, ma mancava un segmento della sua vita personale». Così Alberto De Maio, autore insieme a Dino Satriano, del libro "Il mio fratellone Tiziano Terzani" motiva la decisione di rispolverare un ricordo lontano e assolutamente inedito. «Tutto nasce dal fatto che io e Terzani, con Satriano, alla fine degli anni '50 eravamo insieme  al Collegio medico-giuridico della Scuola Normale di Pisa» spiega De Maio, fra i pochi se non l'unico «caro e intimo amico» in grado di raccontare un periodo ricco di esperienze che hanno segnato la vita, una fase di incubazione di idee, progetti e successi.

E di trasmettere soprattutto il gusto di un'amicizia intensa nonostante le notevoli differenze...

Eravamo in effetti diversi dal punto di vista culturale, psicologico... io meridionale, calabrese, Terzani di Firenze: nei nostri vissuti si documentava il divario fra Nord e Sud ancora molto rilevante nel periodo del dopo-guerra. Avevamo però in comune le modestissime origini sociali, con le nostre storie parallele ci sentivamo entrambi proiettati in un compito civile importante, impegnati nello sviluppo della futura società.

L'amicizia descritta in un clima goliardico, allegro e scherzoso, era quindi carica di curiosità, interrogativi e riflessioni importanti...

Ci appassionavano i grandi dibattiti, l'analisi e il confronto serio, umano e culturale sugli aspetti sociali e sulle problematiche  del nostro tempo. La nostra amicizia era una fucina di riflessioni. In tal senso, alcune lettere dell'epistolario inserito nel libro, colpiscono per la lucidità di analisi sociale e politica di certe annotazioni"

In tempi non facili, non è mai venuto meno lo slancio ideale per affrontare con ottimismo il futuro... L'esperienza vissuta può toccare anche i giovani di oggi?

Credo proprio di sì. Noi oltre mezzo secolo fa, eravamo di fronte ad un'assoluta povertà, ma abbiamo reagito con uno scatto di entusiasmo, con la forza di ideali che ci davano una visione sempre aperta, viva, fondata. Ai giovani di oggi dico di non aver paura del futuro. Le difficoltà non devono spaventare, ma diventare molla per il cambiamento, per il recupero di idealità.

(Leggi l'intera intervista sull'edizione cartacea de "La Provincia" di Como, in edicola il 7 novembre)

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