E Miglio parlò in Parlamento
Lezioni di politica pungente

Il 24 novembre si presentano a Roma i "Discorsi parlamentari" dello scienziato della politica comasco. Li presenta, in anteprima a "La Provincia", uno dei curatori. Leggi, nell'edizione de La Provincia di Como in edicola il 24 novembre, anche uno dei testi più "attuali": la bocciatura critica che il senatore diede al governo "tecnico" di Giuliano Amato nel '92.

di Davide G. Bianchi *

A Palazzo Giustiniani - sede della presidenza del Senato - oggi si presenta il volume che raccoglie i "Discorsi parlamentari" di Gianfranco Miglio, edito dall'Archivio storico del Senato per i tipi del Mulino. Dopo la pubblicazione in due volumi delle sue "Lezioni di politica," uscite anch'esse con il Mulino, questo appuntamento chiude la serie di eventi che hanno celebrato il decennale della morte del politologo comasco, che cadeva quest'anno (Miglio è scomparso l'11 agosto 2001).
Gli interventi parlamentari di Miglio vengono inseriti in una collana molto prestigiosa, che raccoglie gli scritti analoghi di figure prestigiosissime della nostra cultura: Benedetto Croce, Giovanni Gentile, Gaetano Mosca, Vittorio Emanuele Orlando, Alfredo Rocco, Giovanni Spadolini, Leo Valliani, Carlo Sforza ed altri ancora. Il volume propone i discorsi pronunciati nell'aula del Senato e in occasione delle rare sedute comuni dei due rami del Parlamento, nonché gli interventi di Miglio in qualità di referente del comitato Forma di governo all'interno della commissione Riforme istituzionali che ha operato fra il 1992 e il 1993, dapprima sotto la presidenza di Ciriaco De Mita, poi di Nilde Iotti.
Che dire di questi scritti? Del Miglio "politico" è stato detto fin troppo, al punto da mettere in ombra l'attività di politologo che è sempre stata la sua unica e vera professione. Al termine della carriera universitaria Miglio ha inteso offrire un contributo di riflessione, di progettualità e anche d'iniziativa politica nella direzione delle riforme costituzionali che, da anni, erano al centro della sua attenzione e, nel contempo, al vertice dell'agenda politica. Oltre al fascino di una riflessione teorica fra le più originali che mai vi siano state nel contesto culturale e politico italiano, emerge da queste pagine - che per volontà dell'editore saranno in commercio a partire da gennaio 2012 - il gusto della provocazione e del sarcasmo, che ne rende a tratti divertente la lettura. Vi sono poi qualità oratorie e profondità dell'analisi che, purtroppo, in questi ultimi anni nessuno ha più espresso in Parlamento (sic!).
Ne diamo testimonianza pubblicando un estratto di grande attualità: il dibattito sulla fiducia votata al Governo Amato il 1° luglio 1992, l'esecutivo d'emergenza chiamato a gestire il rischio di bancarotta dei nostri conti pubblici nell'autunno della Prima repubblica. Un Governo Monti ante litteram, categoria in cui possiamo annoverare, per certi aspetti, anche il Governo Dini del biennio 1995-96 (venne impostata allora la riforma delle pensioni, che in realtà poi non è stata mai attuata). Il tono dell'intervento di Miglio è gustoso, rivolto a colpire con sottili frecciate i "soloni" democristiani, che di lì a poco sarebbero stati travolti da Tangentopoli (Mario Chiesa era stato arrestato nel febbraio dello stesso anno).
Le vicende del Governo Monti confermano le difficoltà del sistema politico ad affrontare le riforme strutturali, per una ricorrente miopia della classe dirigente; diceva Alcide de Gasperi: «un politico guarda alle prossime elezioni, uno statistia alla prossima generazione». Compito dei cosiddetti "tecnici", che in realtà invece sono dei veri "cirenei" - come dice Miglio nelle sue conclusioni - è quello di surrogare a tale deficienza. Ma il problema rimane, ancor più aggravato, perché nel frattempo vi è stato un ulteriore, e grave, downgrade del ceto parlamentare. La Prima repubblica, con tutti i suoi difetti, almeno riusciva ancora a portare in Parlamento figure del livello di Gianfrano Miglio; oggi invece le persone di valore, di cui la Repubblica ha bisogno come l'aria, devono essere nominate senatori a vita dal capo dello Stato, perché i partiti portano in Parlamento soggetti come Domenico Scilipoti.   
(* Docente di Sociologia dei fenomeno politici, Università dell'Insubria - Tra i curatori del volume)

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