Oltraggiate con l'acido
Nuova dignità da Como

Il chirurgo Andrea Di Francesco, dirigente del reparto Maxillofacciale dell'ospedale Sant'Anna è presidente dell'associazione Progetto Sorriso nel Mondo, che si trova coinvolta nella sfida di ricostruire il volto e la dignità sociale delle giovani sfigurate da fidanzati o amanti respinti, tra India e Pakistan.

di Daniela Mambretti

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Cancellare bellezza, femminilità, dignità. Questo l'intento di uomini che, non tollerando rifiuti alle loro  avances o proposte di matrimonio, si armano di acido solforico, economico e facilmente reperibile, e lo scagliano sulle giovani donne oggetto della loro vendetta. Placano, con un gesto disumano, l'orgoglio ferito e, nella maggior parte dei casi, restano impuniti. In diverse parti del mondo come Pakistan, Nepal, India e Bangladesh, l'acido colpisce a tradimento volti di ragazze che, in pochi attimi, vedono letteralmente dissolversi i loro corpi e i loro sogni di bambine innocenti e indifese: non saranno mai più spose, madri, persone degne di rispetto. In Bangladesh, secondo i dati della Acid Survivors Foundation (Asf), gli acid attacks, dal 1999 a oggi, arrivano quasi a 2.500 e sono rivolti a giovani donne, con particolare incidenza tra l'età infantile e i 34 anni. In questo Paese i chirurghi volontari dell'associazione internazionale Progetto Sorriso nel Mondo – Onlus hanno incontrato, per la prima volta, le vittime di questa macabra pratica. Presenti presso l'Ospedale Santa Maria Sick Assistance di Khulna per la loro missione annuale volta alla correzione delle malformazioni cranio-facciali infantili, i volontari della onlus hanno dovuto affrontare chirurgicamente le conseguenze di questa aggressione. “Le lesioni prodotte dall'acido sono gravi, profonde, difficili da curare in qualsiasi contesto. I tessuti vengono letteralmente corrosi fino all'osso e gli abiti intrisi che, per ragioni culturali, non vengono immediatamente rimossi, peggiorano la situazione” – spiega Andrea Di Francesco, presidente dell'associazione e direttore dell'Unità Operativa Semplice di Chirurgia Maxillo-facciale Pediatrica presso l'Ospedale Sant'Anna di Como. Se le vittime vengono tempestivamente soccorse e riescono a sopravvivere, subiscono gravi danni al viso, perdono spesso la vista, le cicatrici chiudono o spalancano per sempre gli occhi e la bocca. Se poi il liquido cola sul torace, il busto viene ricoperto da una corazza fibrosa e se, dopo il getto dell'acido, la vittima porta istintivamente le mani al viso, anche la loro funzionalità può essere gravemente compromessa. Nel caso in cui gli arti intaccati dall'acido non vengano medicati adeguatamente e vengano in contatto con altre parti del corpo, per esempio braccia con tronco, i tessuti si “fondono”, si cicatrizzano e per separarli nuovamente è necessario un intervento chirurgico. “Le cure sono costose e la paura di doverle affrontare, unite alla preoccupazione di dover mantenere colei che viene considerata come un peso inutile e inerte, spingono le famiglie a non prendersi cura della giovane vittima, abbandonandola al proprio destino” – continua il chirurgo. Se il dolore fisico è insopportabile, lo è ancora di più quello psicologico. La condizione delle giovani donne colpite, già di per sé difficile, diviene senza via d'uscita.

Perdono la loro identità femminile, la possibilità di sposarsi, di diventare madri, di avere una realizzazione sociale. Vivono l'emarginazione e la solitudine, coperte, isolate dai veli che le proteggono, ma che le riducono a ombre. La chirurgia è lunga e complessa: sono necessari mediamente anche sei, otto interventi che, comunque, possono migliorare la funzionalità degli organi, ma non possono restituire la bellezza perché i tessuti sono pesantemente compromessi. “Abbiamo dovuto accettare il limite imposto dalla chirurgia e abbiamo cercato strade alternative per aiutare queste ragazze e restituire loro dignità e voglia di vivere. Così, grazie alle rete di missionari con i quali collaboriamo, abbiamo pensato alla scuola” – sottolinea Di Francesco. Coperte dal velo, previsto, a volte, da motivazioni religiose, le giovani vittime sono state formate per divenire maestre di scuola e in quel contesto hanno ritrovato una dimensione sociale che pensavano persa per sempre. Insegnanti amorevoli e attente ai bisogni dei piccoli allievi, ne divengono la seconda mamma, stabilendo un duraturo rapporto affettivo. Orgogliose di questa seconda possibilità, sanno che il loro lavoro contribuirà  a gettare le basi culturali per il futuro dei ragazzini che educano. Ma verrà il momento in cui i bambini vorranno vedere, finalmente, il loro volto e quel momento sarà molto duro soprattutto per i maschietti. Saranno soprattutto loro a comprendere quanto dolore sia in grado di generare quel gesto terribile, purtroppo ancora presente nella cultura locale. Ma il contatto con la loro maestra e la consapevolezza emotiva di quelle atroci conseguenze li farà diventare uomini migliori che, certamente, rifuggiranno ogni forma di violenza e di prevaricazione a danno delle donne.

 

 

 

Scheda del Progetto Sorriso nel Mondo

I chirurghi volontari di Progetto Sorriso nel Mondo si dedicano anche alla cura di bambini affetti da malformazioni del viso e ustioni in paesi in via di sviluppo, quali Bangladesh, Congo e Guatemala. Le malformazioni del viso, come la labio-palatoschisi comunemente conosciuta come labbro leporino, sono tra i difetti congeniti più frequenti in tutto il mondo e colpiscono, in media, un bambino su mille, ma se nei paesi ricchi vengono trattate a pochi mesi di vita, quasi generando nell'uomo comune l'impressione che non esistano più, nei paesi poveri spesso mancano competenze e risorse e, di fatto, non vengono trattate adeguatamente e tempestivamente: i medici si trovano a operare bambini mediamente più grandi rispetto a quelli curati quotidianamente negli ospedali italiani e che hanno già sperimentato l'emarginazione. In alcuni contesti sociali, una malformazione del viso, del labbro e del naso può portare persino all'abbandono per bambini considerati maledetti, da evitare e da allontanare dalla comunità, insieme alle loro mamme. Una volta operati, però, i piccoli non appaiono più dei reietti, ma dei benedetti perché oggetto di una “miracolosa” trasformazione del loro viso, tanto che i volontari spesso assistono a felici ricongiungimenti familiari e a ritorni trionfali nei villaggi di origine.

 

Per informazioni www.progettosorrisonelmendo.org

Per donazioni: IBAN IT82 M050 4801 6390 0000 0002 200 intestato a Progetto Sorriso nel Mondo - ONLUS, Banca Popolare Commercio e Industria, Ag. 124 C.so di P.ta Ticinese n. 1 20123 Milano.

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