Quando i comaschi
impararono a sciare

Pubblicata la storia del Club Alpino Operaio del Lario, nato nel 1885, che favorì l'emancipazione femminile attraverso lo sport e le gite in montagna. Tante luci, ma anche ombre sul sodalizio, molto vicino al regime fascista, nel Ventennio. Guarda la fotogallery, con le immagini concesse dall'editore Nodo Libri ai lettori de "La Provincia di Como".

di Elena D'Ambrosio *

Nel panorama delle pubblicazioni di carattere locale, rappresenta una assoluta novità il libro di Giuseppe Vaghi dal titolo "Il Club Alpino Operaio di Como", da poco uscito per i tipi della Nodolibri. Ci troviamo di fronte, infatti, alla prima ricostruzione organica della storia di questo "storico" sodalizio escursionistico e alpinistico, fondato a Como nel popolare borgo di San Rocco nel 1885 e ancora oggi operante.
La sua evoluzione, dalle origini fino al secondo dopoguerra, viene inquadrata nel contesto delle altre associazioni alpinistiche nazionali e internazionali, senza mai perdere di vista il quadro delle condizioni sociali e politiche della città e del territorio.
Come afferma l'autore nell'introduzione: «La nascita del Club Alpino Operaio (…) ben rappresenta il caso di una di quelle società alpinistiche "minori" che vissero, sino alla loro forzata integrazione nel programma totalizzante del regime fascista, una loro esistenza autonoma e apparentemente non intrecciata a quella dell'aristocratico Cai».
Andando oltre la storiografia celebrativa che faceva risalire la nascita del sodalizio operaio ad una iniziativa spontanea di «un gruppo di amici, in gran parte umili operai del Borgo di San Rocco», accomunati dal desiderio «di meglio conoscere e frequentare i propri monti», lo studio mette in evidenza come l'associazione si rifaceva al modello delle ben collaudate società di mutuo soccorso, e come queste crebbe grazie al patrocinio di alcuni elementi borghesi, i soci onorari, che costituivano «il vero motore dell'iniziativa associativa operaia» (figura di rilievo e primo padrino fu Emilio Ostinelli, appartenente ad una delle più importanti famiglie di tipografi e librai comaschi).
Tutto si sviluppava nell'alveo ideologico della fedeltà ai valori democratico-moderati e garibaldini e a quella tradizione patriottica e risorgimentale che impronterà il sodalizio nei suoi primi decenni di vita, e che terrà lontano gli operai di San Rocco dal contagio con le dottrine rivoluzionarie che includevano la lotta di classe.
Il proto-alpinismo delle origini assumeva le forme della "gita collettiva", spesso a sfondo turistico-patriottico, o della "passeggiata alpina" con  mete sempre vicine alla città lariana, raggiungibili senza usare alcun mezzo di trasporto, con lunghe marce a piedi, in cui l'aspetto sportivo restava comunque sempre in secondo piano rispetto a quello ricreativo.
Solo alla fine del 1910 si passerà ad un più frequente uso della ferrovia e del piroscafo per gli spostamenti. Ma la novità di questo secondo periodo dell'alpinismo operaio - sottolinea l'autore - fu «la prima e timida presenza» dell'elemento femminile, segnale di una maggiore partecipazione delle donne alle vicende cittadine e ulteriore passo verso «la democratizzazione dello sport».
Proprio nei primi decenni del Novecento, mentre il mutualismo cittadino era ormai avviato sulla strada del declino, di fronte allo sviluppo delle prime Leghe di resistenza, il sodalizio, al contrario, vide aumentare considerevolmente il numero degli iscritti, raccogliendo adesioni in tutto l'ambiente operaio della città.
L'associazione continuò a rimanere legata allo "spirito" passatista del mutuo soccorso, mantenendosi sostanzialmente estranea alle lotte politiche che infiammavano anche Como; fu forse per questo che sopravvisse con una certa facilità al fascismo, anzi nel periodo critico del passaggio alla dittatura, il Cao si distinse per un certo fervore di iniziative, avvicinando i propri iscritti ai nuovi sport praticabili in montagna.
La passione per lo sci, uno sport d'élite e ancora ai primordi, iniziò a diffondersi tra i ceti popolari cittadini grazie all'attività di questo sodalizio. Fu il Cao di Como ad organizzare la prima Adunata Sciatori Lombardi, l'8 marzo 1925, sulle modeste pendenze nevose del monte Boletto, in occasione dell'inaugurazione del gagliardetto della Sezione Sciatori che si era costituita al suo interno. All'adunata, con punto di ritrovo alla Capanna Cao di Brunate, parteciparono circa 300 sciatori delle diverse associazioni alpine, e magari tra loro faceva le prime prove sugli sci la poetessa Antonia Pozzi (di cui quest'anno ricorre il centenario della nascita) che in quel periodo, pur adolescente ma già appassionata della montagna, era iscritta alla sezione milanese del più esclusivo Cai.
I raduni, le gare, le gite sciistiche domenicali, al Pian del Tivano, a Madesimo ed in altre località  montane, diventeranno negli anni Trenta una consuetudine per i soci del Club. Una parte consistente del libro analizza in maniera dettagliata le diverse tappe del processo di fascistizzazione del Cao, sino al ritorno alla prassi democratica dopo la Liberazione. Il sodalizio venne coattivamente assorbito nelle strutture dello stato totalitario, seguendo il destino di altre associazioni che si muovevano nell'ambito dell'organizzazione del tempo libero e della pratica sportiva.
Nel 1931 sotto la presidenza di Mario Motta, di "provata fede fascista", attraverso pesanti revisioni dello statuto, si realizzerà l' "adesione" del sodalizio all'Opera Nazionale Dopolavoro, una adesione che diventerà "esclusiva", allorché nel 1938 dovrà assumere la denominazione di "Dopolavoro Cao", organizzando anche tutta una serie di manifestazioni dal carattere popolare, che di sportivo avevano ben poco: dalle "gnoccate", alle "fragolate", alle "castagnate", alle "panettonate in capanna", alle "vendemmiate sociali".
Fu garantita l'attività più propriamente alpinistica e già di un certo rilievo del sodalizio, con la creazione di una sottosezione Cao all'interno, però, del Cai, cui competevano le attività prettamente alpinistiche.
Sono gli anni dell'alpinismo "eroico" della sottosezione Cao, sotto la spinta del nazionalismo e atletismo imperante, che porterà purtroppo, come è noto, al sacrificio dei due scalatori caoini, Mario Molteni e Giuseppe Valsecchi, sul Pizzo Badile Integrano e arricchiscono questo interessante volume, frutto di una rigorosa ricerca documentaria, con il prezioso supporto delle fonti giornalistiche dell'epoca, una raccolta di documenti e numerose immagini provenienti proprio dall'archivio del Club, e per la maggior parte inediti.
(*Storica e scrittrice)   

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