Lucini stroncò Fogazzaro
Ma promosse Gozzano

Dal Fondo del celebre intellettuale e scrittore, conservato in Biblioteca a Como, affiorano documenti inediti che gettano luce sul mondo letterario tra Ottocento e inizi Novecento. Merito delle ricerche di Isabella Pugliese, dell'Università di Napoli, che ha lavorato per mesi sul Lario. In allegato la risposta di Gozzano a Lucini, a proposito dell'approvazione de "La Signorina Felicita ovvero la Felicità".

di Giancarlo Montorfano *

Un grande precursore della letteratura e soprattutto della critica del Novecento. Così, cogliendo l'apertura operata da Gian Pietro Lucini nei confronti della cultura europea, una giovane studiosa dell'Università "Federico II" di Napoli, Isabella Pugliese, allieva del professore Antonio Saccone, ha svolto una tesi di dottorato in Filologia Moderna dal titolo "La scrittura teorica e critica di Gian Pietro Lucini" lavorando sul Fondo Lucini della Biblioteca comunale di Como: un archivio di manoscritti d'importanza straordinaria, già conosciuto dagli italianisti, riordinato con perizia da Magda Noseda. Alle ricerche ha dato un grande impulso anche la bibliotecaria Chiara Milani. Una tesi discussa lo scorso 20 gennaio e che apre alla studiosa appena ventisettenne le porte di una luminosa carriera, visto che il lavoro sarà prossimamente pubblicato dall'editore napoletano Liguori.
La tesi di fondo sviluppata nell'indagine è questa in sintesi: Lucini svolse un'intensa attività di teorico e critico della letteratura. Egli si scontrò con Marinetti sui temi di novità e tradizione che segnarono in lui il rifiuto dell'Avanguardia in senso distruttivo ed iconoclasta e l'accettazione di un Modernismo più incline alla conservazione di una tradizione invecchiata. Così scrive Lucini il 9 febbraio del 1909:
«Caro Marinetti, il tuo manifesto consuona coll'epoca: eppure non desidero che accampi la sua moda esclusiva codesto terremoto di letteratura. (…) è ancora un'altra esplosione ideologica, un'altra forma di romanticismo,attesta il bisogno di singolari imperialismi per l'estetica e per la politica, che, oggi, sembrano irriconciliabili. Futurismo? Ne abbiamo bisogno? Perché? Mio caro, un'altra malattia!». Lucini gli contrappone una forma di futurismo, più simile al Modernismo: «il Futurismo, cioè l'ambizione di essere uno degli anelli essenziali della catena, per cui il passato si collega a quanto sarà, rappresentandone uno stadio (…) nella continuata evoluzione».
Da un punto di vista formale, invece, Lucini lascia al nuovo secolo l'innovazione tecnica del verso libero, unico metro in grado di adattarsi al mutato contesto storico-culturale e alla diversa sensibilità dei poeti novecenteschi. Isabella Pugliese non si è però limitata a questa doverosa  rivalutazione dell'opera e della statura letteraria di Lucini, ma ha avuto il merito in questa sua indagine di inserire quest'opera, soprattutto quella di critico, nella complessa trama di relazioni con i suoi contemporanei. Scrive infatti a questo proposito la giovane studiosa: «Lucini si trovò anche a fare i conti con la tradizione letteraria più prossima, rappresentata da Carlo Dossi e Gabriele D'Annunzio, e con quella ottocentesca, rappresentata dal Foscolo didimeo».
Lucini ebbe per primo la grande intuizione dell'arte di Carlo Dossi, come mostra un appunto autografo del 25 febbraio 1911: da lui definita «magnifica semenza inedita, ribelle e spregiudicata» e in una lettera allo stesso Dossi del 12 gennaio 1909: «Il contatto della vostra potente dinamo intellettuale ha riempito di elettricità la mia pressoché esaurita bottiglietta di Leyda che già sprigiona scintille». Inoltre le sue numerose e fitte recensioni ad autori contemporanei non solo italiani fanno luce sulle questioni letterarie più dibattute in quegli anni e sui poeti che meglio incarnavano la nuova temperie culturale. Tuttavia, la rivoluzione operata da Lucini nel campo delle lettere fu di ordine più teorico che pratico, in quanto le sue anticipazioni, intuizioni ed innovazioni costituiscono una preziosa eredità lasciata al Novecento che, tramite personalità successive, porterà a compimento nella reale prassi letteraria ciò che Lucini aveva solo teorizzato.
Il testo della lettera di Guido Gozzano che chiede un parere sulla sua opera "La Signorina Felicita" quasi con timore reverenziale è del grande poeta crepuscolare delle "buone cose di pessimo gusto".
Non mancarono i giudizi molto severi, come mostra questo appunto autografo di Lucini su Fogazzaro: «È quindi antitetico alla poesia: che miseria di concetti e che brutalità di versificazione. Ha creduto di innovare il romanzo italiano e l'ha condotto il suo alla tomba. Non ha compreso la vita. Fu un vinto in fortuna. Dopo tutto egli è avaro e rincorre i successi letterari per ingordigia di lucro, di bassa ambizione. È una falsa modestia trionfata vuota nell'intimo dell'esteriore. Or io che l'ho conosciuto, visitato in casa sua ne posso dare memoria sincera, disinteressata e sicura». (Marinetti fu molto contento della stroncatura luciniana di Fogazzaro, definito da lui stesso in una lettera a Lucini «vecchia ciabatta da sagrestia»).
Per quanto riguarda invece il rapporto con Umberto Boccioni è fondamentale la lettera a Lucini senza data: «Caro e grande collega, noi naturalmente nella nostra polemica vi citeremo continuamente quale critico massimo e altissimo cervello filosofico che sopravanza tutti in Italia col continuo colpo d'ala del suo genio poetico». L'altro testo, il testamento spirituale, può essere citato come una sorta di capolavoro espressionista: quel furore iconoclasta e delle convenzioni che appartiene alla migliore eredità della Scapigliatura Lombarda, che ha avuto un'interprete di eccezione nella così detta «linea espressionista» studiata da Gianfranco Contini e Dante Isella. Vi è però, soprattutto, la manifestazione di una grande dignità di fronte al timore della morte, non accettata con cristiana rassegnazione, come sostiene ancora Isabella Pugliese: «La versione definitiva di una parte del testamento di Lucini è utile per comprendere il personalissimo modo luciniano di concepire il nesso Arte-Vita».

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Eco di Bergamo GOZZANO A LUCINI