Misurare la coscienza
Oggi si può, al Niguarda

Sulla rivista "Brain" pubblicata la ricerca italiana più dirompente degli ultimi anni, che può cambiare in modo radicale la valutazione del cosiddetto "stato vegetativo". Anche le persone in coma profondo possono esprimere livelli minimi di coscienza. Da aprile li misurerà una macchina. (Leggi, in allegato un articolo sulla libertà e le dinamiche cerebrali).

di Silvia Ortoncelli

La macchina per misurare la coscienza alla prova dei pazienti. Da aprile il reparto di Neurorianimazione dell'Ospedale Niguarda di Milano, diretto dal dottor Claudio Betto, ospiterà il "coscienziometro" cioè uno strumento che, misurando la comunicazione tra le aree cerebrali, permette di distinguere, a livello individuale, i pazienti in stato vegetativo e quelli che recuperano un livello minimo di coscienza.
Il test viene eseguito al letto del paziente e non richiede la capacità di rispondere a stimoli esterni né il perfetto uso delle vie sensoriali. È questa la prima evoluzione dello studio condotto dal gruppo di lavoro coordinato da Marcello Massimini, ricercatore in Fisiologia umana all'Università Statale di Milano e dal Coma Science Grup di Liegi. La ricerca è stata  pubblicata sulla rivista "Brain".

Dottor Massimini, come si fa a capire se un paziente è cosciente?


Nella pratica clinica - spiega il neuroscienziato ai lettori de "La Provincia" - si usano scale comportamentali, ovvero dei test fatti al letto del paziente: ad esempio seguire con lo sguardo qualcuno che entra nella stanza, muovere mani e piedi. Quindi si valuta la capacità del paziente di scambiare informazioni con l'esterno. Ma l'esperienza cosciente può essere generata interamente all'interno del cervello, come accade, ad esempio, quando dormiamo. Questa discrepanza diventa rilevante nel caso di quei pazienti che dopo essere sopravvissuti ad un grave trauma, rientrano in un'area grigia fra stato vegetativo e livello minimo di coscienza.

(Estratto dell'intervista pubblicata nell'edizione del 25 febbraio)

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