
Cultura e Spettacoli
Sabato 07 Aprile 2012
In viaggio con Grass
nel declino dell'Europa
Critico verso la riunificazione della Germania, il premio Nobel tedesco esplora, nel suo ultimo libro, la crisi dei modelli del capitalismo e del comunismo. Lo ha letto per noi il germanista Mattia Mantovani.
Coscienza critica della Germania divisa oppure scaltro opportunista? Acuto e sensibile interprete delle contraddizioni del miracolo economico tedesco oppure retore compiaciuto e autoreferenziale? E infine: grande, grandissimo scrittore, uno dei più significativi e irrinunciabili del secolo breve, oppure ennesimo esempio di quella trahison des clercs che purtroppo rimane una delle costanti della cultura occidentale?
Una cosa è certa: da alcuni anni a questa parte, da quando ha confessato la propria milizia nelle SS durante la seconda guerra mondiale, Günter Grass sembra aver perso molta di quella credibilità che si era conquistato con le sue opere letterarie e col suo impegno civile, e che era stata giustamente coronata dal conferimento del Premio Nobel nel 1999.
In questa perdita di credibilità c'è tuttavia una grave ingiustizia, non solo perché la sua milizia nelle SS all'età di 17 anni è stata di brevissima durata e del tutto marginale, quasi obbligata, ma anche perché nel caso di Grass vale più che mai la vecchia formula secondo la quale lo scrittore è l'opera, e lo scrittore Grass che ha via via preso forma in un'opera lunga ormai più di mezzo secolo è uno scrittore forse discontinuo ma di una purezza adamantina e di estrema sincerità, capace anche di confessare l'inconfessabile. Insomma, che piaccia o meno, se si vuole capire la Germania del secondo dopoguerra e più in generale la crisi dell'intero Occidente trasformato in un grande bazar consumistico, l'opera del grande vecchio di Danzica, oggi 84enne, rimane un punto di riferimento fondamentale e imprescindibile. Una nuova dimostrazione in questo senso la fornisce Da una Germania all'altra, il bellissimo diario che Grass tenne nel 1990, nel periodo della riunificazione delle due Germanie.
Uscito in lingua originale nel 2009 e ora proposto anche in versione italiana da Einaudi, "Da una Germania all'altra" (Einaudi, 234 pagine, 20 euro) si inserisce nel solco che Grass aveva cominciato a tracciare esattamente quarant'anni fa col "Diario di una lumaca". «Non nutro una passione particolare per i diari. Deve succedere qualcosa di eccezionale perché mi senta obbligato a tenerli», scrisse allora lo stesso Grass. Nel 1972, quando Willy Brandt vinse le elezioni e poi inaugurò la grande stagione della cosiddetta Ostpolitik, Grass si era schierato apertamente al fianco di Brandt e aveva appunto raccontato la propria militanza nel "Diario di una lumaca", preciso e circostanziato resoconto di un avvenimento eccezionale nella storia tedesca del dopoguerra.
Lo stesso principio, vale a dire l'urgenza di documentare in presa diretta un avvenimento eccezionale, sta anche alla base di "Da una Germania all'altra". Dopo aver accolto con poco favore la caduta del Muro di Berlino, Grass fornisce una cronaca precisa delle settimane e dei mesi che portarono alla riunificazione tedesca il 3 ottobre 1990. Convinto sostenitore della necessità storica della divisione della Germania e del Muro inteso come segno tangibile della colpa, Grass legge e interpreta il processo di riunificazione come un falso trionfo dell'occidente capitalista e come una mera annessione del più debole da parte del più forte, senza un autentico coinvolgimento democratico dei cittadini. I fatti, poi, gli daranno purtroppo pienamente ragione, perché vent'anni dopo questo suo diario è sempre più terribilmente attuale.
Il passaggio "da una Germania all'altra" al quale il titolo fa riferimento è infatti molto utile anche per capire la recentissima polemica sorta in seguito alla pubblicazione della poesia "Ciò che va detto" sulle colonne della Süddeutsche Zeitung. "Da un Germania all'altra", vent'anni fa, indicava il viaggio reale e insieme metaforico che lo scrittore Grass aveva compiuto dalla Germania occidentale all'ormai ex Germania orientale, in cerca di luoghi, persone, eventi e circostanze che testimoniassero non solo il fallimento del cosiddetto socialismo reale ma anche e forse soprattutto la crisi di un sistema, quello occidentale, basato sul profitto, sul darwinismo sociale e sulla coazione al guadagno. Vent'anni dopo, l'espressione "da una Germania all'altra" indica invece la consapevolezza che l'"altra" Germania, quella del capitalismo selvaggio e dei mai totalmente sopiti sogni di dominio (come li definisce lo stesso Grass), è diventata ormai l'unica Germania.
Ma la Germania che Grass mette alla berlina nelle righe più dolorosamente polemiche e velenose della propria poesia è soprattutto simbolo e metafora di qualcosa di molto più ampio, perché è l'espressione di un intero mondo, quello occidentale e presunto civilizzato, che vive ormai in una sorta di vuoto pneumatico nel quale ogni gerarchia di valori è stata abolita nel nome di un generico e indifferenziato "liberi tutti", un mondo dove si può fare tutto ma in realtà non si sa cosa fare e perché, dove si è informati su tutto ma in realtà si sa poco o nulla di ciò che accade realmente, dove insomma la democrazia si è snaturata e pervertita in un pericoloso democratismo che metabolizza e rende quindi innocua ogni forma di dissenso.
«Se di notte mi sveglio e penso alla Germania, non riesco più a dormire», dice il verso iniziale di una celeberrima poesia di Heinrich Heine, che a metà del diciannovesimo secolo aveva già perfettamente intuito la deriva che ci sta sommergendo. Discusso e discutibile fin che si vuole, magari perfino sgradevole in certe sue prese di posizione lontanissime dal politically correct, Günter Grass rimane oggi una delle poche voci che fortunatamente non possono e non riescono a tacere, e soprattutto non vogliono tacere. Ecco perché vale la pena di ascoltarlo: nel tragitto ancora incerto "da una Germania all'altra" siamo coinvolti tutti.
(* Germanista e giornalista della Radio svizzera italiana)
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