Cultura e Spettacoli
Sabato 21 Aprile 2012
L'eretico Mancuso
insegna la libertà
Così si definisce il teologo milanese, autore di un saggio critico verso l'autorità della Chiesa: un lavoro frammentario, in cui vengono mixati articoli usciti come prefazioni o su riviste.
Torna in libreria il più venduto e controverso teologo italiano Vito Mancuso, che stavolta reclama la propria "eresia" («esercizio di critica») verso la Chiesa. Fin qui, nulla di strano: da "L'anima e il suo destino" (Cortina) il pensatore propone la tesi dell'anima come energia e cerca di fondare un'idea di Dio insieme personale e impersonale. Qui precisa il suo impegno ad «adversa diligere pro veritate», cioè «ad essere contento delle contraddizioni». Mancuso imputa alla Chiesa di aver tradito la purezza del messaggio di Cristo, proponendosi «di far crescere nei cattolici la volontà originaria del maestro». Impegno da far tremare le ginocchia, che nel libro in questione consiste nell'illustrare ed argomentare «la bontà dell'intelligenza» come cuore pulsante della vita cristiana. Che significa? Secondo Mancuso - in questo conforme alla dottrina "ufficiale" - l'uomo fa del bene un'esperienza originaria, che fonda la morale e, insieme, la libertà. La prova: in tutte le culture esiste la massima aurea secondo la quale siamo esortati «a non fare all'altro quello che non si vorrebbe fosse fatto a noi». Nel Cristianesimo, questo bene coincide con il Logos, tradotto da Mancuso con "relazione", perché "parola", a suo dire, è un concetto "statico". Da queste premesse deriva, dialetticamente, che vivere «nella relazione/comunione è gradito a Dio», mentre ciò che diminuisce l'unione «lo si può dire "dia-bolico"». Mix un po' affrettato di vecchi articoli, il volume presenta i limiti caratteristici del pensiero di Mancuso: l'autore non discute posizioni che potrebbero mettere in crisi il proprio punto di vista (es: un amante della contraddizione, come può dimenticare che il pensiero di Tommaso d'Aquino, esaminava i "pro" e i "contro" di ogni questione, per trarne una conclusione originale?) e offre tesi apodittiche (la presunta staticità della parola). Inoltre: il bene di natura non può essere confuso con il bene morale, che va invece voluto e perseguito. Se fosse così come sostiene Mancuso, vivremmo in un mondo di meravigliosa positività, cosa che purtroppo non è. L'impressione è di un istant book fatto per arricchire la collana dedicata alle eresie. Ma allora, perché non ristampare e discutere le tesi di quei poveri condannati, almeno dei meno conosciuti?
© RIPRODUZIONE RISERVATA