Università lontane
dalle classi dirigenti

Da vent'anni, almeno, l'accademia si è trasformata in esamificio, incapace di selezionare le élite per il mondo pubblico, privato e per la politica. L'analisi dell'economista valtellinese Alberto Quadrio Curzio spicca nella pubblicazione edita da Studium, a cui collaborano alcuni intellettuali di spicco. Scarica il pdf dell'intero saggio (per gentile concessione dell'editore, tutti i diritti riservati).

di Alberto Quadrio Curzio

Come accademico vedo l'Università quale soggetto centrale per lo sviluppo del nostro Paese, soprattutto se inserito in un contesto che è sempre più europeo. Credo allora che questo soggetto centrale vada interpretato da tre punti vista (il suo funzionamento; il suo ruolo; i suoi effetti) su tre tematiche. Innanzitutto quello che l'economista chiamerebbe «la formazione come processo di produzione in ambito universitario», che significa in sintesi generare buoni laureati; in secondo luogo quello dei rapporti tra l'Università e il mondo economico, ovvero sbocchi professionali che comportano anche livelli retributivi; in terzo luogo il rapporto tra l'Università e il contesto socio-civile del nostro Paese.
Non sono tra i pessimisti sulle capacità dell'Università italiana, così come non sono stato pessimista circa l'esito a regime della riforma “3+2”. Certamente ogni riforma ha la necessità di essere lungamente rodata e quindi migliorata per produrre effetti soddisfacenti, riorientando al rialzo la selettività dei curriculum universitari. Riconosco infatti che nel passaggio dal vecchio ordinamento del “4” al “3+2” ci sono state molte sfasature e che in media la qualità della formazione è stata troppo facilitata alla ricerca del numero dei laureati in corso. Essere passati da 100.000 insegnamenti dell'anno 2000 a 275.000 cinque anni dopo, con 5 crediti medi per insegnamento, non poteva che significare abbassamento della qualità e un reclutamento di docenti improvvisati e temporanei. A questa vicenda si sta cercando adesso di porre rimedio con adeguati accorpamenti di insegnamenti che, a nostro avviso, dovrebbero associarsi ad una significativa retromarcia sia sulla semestralizzazione degli anni accademici (che sono spesso così diventati trimestrali), sia con riduzione degli appelli d'esame che frammentano gli anni accademici in modo irrazionale.
Altri errori sono stati commessi nel riconoscimento di crediti a curriculum pregressi in attività professionali di varia natura, comportando forme del quasi automatismo nel conferimento del titolo di studio «per meriti acquisiti sul campo». Tutto ciò ha fatto parte di una transizione turbolenta che credo tuttavia potrà essere adeguatamente superata con maggiore serietà organizzativa degli anni accademici e della docenza nel senso prima indicato.
Sotto questo profilo credo che ci sia ancora molto da fare ed "AlmaLaurea" sta svolgendo un ruolo cruciale a tal fine, soprattutto rendendo disponibili on line i curriculum vitae dei laureati (1.500.000 cv presso 62 atenei italiani). Considerato che l'Italia è un Paese caratterizzato da molte piccole imprese (circa quattromilioni) trattare con l'Università è un compito assai più difficile rispetto a quanto accade in altri Paesi caratterizzati da imprese di grandi dimensioni.
Un sistema universitario qualificato forma anche il contesto socio-civile di un Paese e lo "unifica". Questa affermazione può essere declinata in vari modi e noi ne sceglieremo due. Il primo riguarda l'errore della proliferazione delle Università che da centri nazionali di alta formazione si sono in molti casi trasformate in centri provinciali di formazione, quale mera prosecuzione localistica della scuola secondaria superiore.
Siamo consapevoli che non tutte le Università possono essere eguali ma allora andrebbe davvero fatta una suddivisione in tre tipi di Università: Nazionali, Regionali, Locali. E queste ultime non dovrebbero comunque essere una per provincia! Il secondo riguarda la scuola secondaria superiore, dalla quale andrebbero attinti i talenti migliori per le Università Nazionali attraverso un processo di selezione vocazionale adeguato. Da parecchi anni i Lincei hanno lanciato questa iniziativa: soci dell'Accademia, professori di varie Università italiane, tengono brevi cicli di lezioni su diverse discipline per sensibilizzare gli studenti degli anni conclusivi della scuola secondaria superiore alla scelta della Università. Avvicinare docenti universitari a liceali è un'attenzione che non può lasciare indifferenti i migliori studenti. In terzo luogo dobbiamo ricordare che l'Università serve anche alla creazione e diffusione di valori civili. Sotto questo profilo non ci si interroga mai e quindi mai si prospettano delle iniziative. Sappiamo che in altri Paesi ci sono Università dalle quali esce, quasi obbligatoriamente, il ceto dirigente di un Paese. Non crediamo che questo sia possibile oggi in Italia, ma il problema si pone. (Estratto dal saggio "Università, società, economia", © Studium)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Documenti allegati
Eco di Bergamo ARTICOLO QUADRIO CURZIO