
È un film dai forti echi felliniani il "Reality" che Matteo Garrone ha portato in concorso a Cannes. Una magnifica sequenza iniziale dall'elicottero, Napoli più vera del vero, Madonne portate in braccio, un'incursione a Cinecittà e un finale onirico e senza parole.
Il regista romano di "Gomorra" torna nella città partenopea, tra i quartieri popolari e i centri commerciali, per farne lo specchio di un'Italia che sogna il facile successo in tv. Un paese che, come il protagonista Luciano, vive di piccole truffe e naturale simpatia aspettando di azzeccare il colpo grosso.
Il pescivendolo che si traveste ai matrimoni per divertire gli invitati partecipa a un provino del Grande Fratello grazie all'insistenza dei tre figli. Richiamato per un'audizione successiva a Roma, s'illude di essere selezionato e perde il contatto con la realtà, sentendosi osservato da tutti (scambia due clienti romane per emissari della trasmissione) e immaginandosi al centro di un meccanismo che gli sfugge di mano. Una fiaba sospesa tra iper realismo, grottesco e surreale: Garrone tiene sotto controllo ogni registro e pure il rischio di cadere nel folklore.
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