Non solo spread nella crisi
Le paure della Germania

La scrittrice comasca Jeanne Perego, autrice del best seller sul gatto del Papa Ratzinger e in libreria con un nuovo libro ("Il sindaco e l'albero", 64 pagine, 16 euro, Linea d'aria, scarica la scheda), di cultura italo-tedesca, spiega a La Provincia come in Germania si viva la situazione di stress legato alla crisi nell'euro zona.


di Jeanne Perego

Qualche settimana fa, la DPA  ( Deutsche Presse-Agentur ), una delle principali agenzie di stampa tedesche,  ha lanciato un articolo dal titolo   Rom klagt über "Diktatur des Spread",  Roma si lamenta per la dittatura dello spread. Il pezzo, che poi  è stato ripreso da numerosi media,  iniziava  così: “Ci sono parole  che fanno venire crisi di rabbia alla gente comune.  Questo accade soprattutto quando ci si avventura nel mondo dell'economia, in cui  investitori avidi di profitti si muovono come locuste da un'impresa all'altra, o milioni (di denaro)  buttati via vengono definiti  “noccioline”.   Nell'Italia  tormentata dalla crisi  la parola “spread” (in inglese : margine o differenza)  negli ultimi tempi è diventata esplosiva. E il premier Monti ne ha fatto un ritornello…”. Già, lo spread. La crisi dell'euro in Italia pare essere tutta lì, in quello spread”che  ogni giorno ci tiene più  o meno distanti dalla presunta solidità economica della Germania – prima della classe, personificata nella  signora Merkel.  Lo spread è diventato parte del quotidiano italiano. Ci si lava i denti , si va in ufficio, si mangia un panino all'ora di pranzo e si guarda l'orologio per vedere se è  giunta ora di rientrare a casa, assillati da quello spread  assurto a spada di Damocle dei giorni nostri. Magari si osservano le evoluzioni  di quel differenziale masticando   anche un po' di quel sentimento antitedesco che Lucio Villari ha  correttamente rimandato al mittente,  bollandolo come “antipatia da 'curva sud”. Lo spread rappresenta la crisi nell'immaginario collettivo italiano, e siamo tutti  ad osservare le lame di quella forbice finanziaria nella vana  speranza che si riuniscano in fretta, possibilmente senza troppi sforzi.  Al di là delle Alpi, nella terra di Goethe,  in quella Germania che ci ostiniamo a considerare rigida e felix, di spread , però, se ne parla poco.  O meglio, se ne parla negli ambienti istituzionalmente preposti ad occuparsene, ma il termine non racconta  certo a livello comune  l'incertezza  per i tempi in cui ci troviamo a vivere. Altre sono le parole che accompagnano  quotidianamente i  tedeschi. Altre sono le parole  che ogni  giorno ossessionano la Germania.  Basta sfogliare un giornale, una rivista, guardare nella vetrina di una libreria  o  fermarsi davanti a uno dei tanti dibattiti televisivi per coglierle. Le si capta, le si mette insieme,  e il mosaico che ne deriva fotografa  la Bundesrepublik Deutschland  ai tempi della crisi dell'euro. 


Angst, paura, angoscia, è la prima. E non solo perché comincia per “A”. “Guerre, terrorismo e catastrofi non terrorizzano I tedeschi quanto la crisi dell'euro”,  scrive nel numero in edicola   il settimanale  economico Wirtschafts Woche , commentando   lo studio promosso da un gruppo assicurativo sui timori che attanagliano il popolo germanico nel 2012. ”Tre quarti dei tedeschi  temono di dover pagare  il conto  per la crisi dell'euro “  racconta, infatti, Rita Jakli, direttrice del centro studi del gruppo assicurativo che ha promosso l'indagine. E la paura  diventa allora paura per la sicurezza dei propri guadagni, del proprio posto di lavoro, più in generale del proprio futuro.


Sempre  con la “A”, Arbeit, lavoro. Il lavoro è quasi  la ragione di vita per il popolo tedesco. I tedeschi lavorano, e tanto. È in crescita perfino  il numero di persone che lavora di sabato e di notte. Un lavoratore tedesco su otto arriva a sgobbare 48 ore alla settimana, e la durata delle ore di lavoro cresce parallelamente alla crescita dell'età. Gli adulti di domani respirano la parola lavoro già in ambito scolastico, il binomio studio e lavoro, con il sistema formativo dual è una solida realtà in un Paese in cui nella fascia d'età tra i 15 e i 24 anni il 67,2% è impegnato nello studio (contro  il 58% italiano).  Il tasso di occupazione giovanile nel primo trimestre del 2012 in Germania ha toccato il 57,1%, contro il 33,2%  in Italia. «La paura di non poter trovare un posto di lavoro è la grande ossessione di quasi tutti i giovani» racconta Brigitte  Walter, insegnante in una scuola di avviamento professionale di Tuttlingen , località  intelligentemente “viziata” dalla presenza sul proprio territorio di un multinazionale leader nel settore delle tecnologie mediche che interagisce con il sistema scolastico locale come un vero e proprio sponsor.


Tutte le notizie che in qualche modo riguardano il mondo del lavoro tengono banco nel Paese quanto quelle politiche e, decisamente, molto di più di quelle di cronaca o di gossip che sembrano anestetizzare l'audience italiana. La vicenda di questi giorni  della mobilitazione del personale Lufthansa  occupa massicciamente  le prime pagine ,al pari delle stime di vendita in Europa  al ribasso riformulate dal colosso Volkswagen.


L'ossessione per il lavoro del popolo tedesco si conferma  anche nel proprio opposto: parlare di entspannen (rilassarsi) e urlaub  (vacanze) è un must. Un annuncio pubblicitario su tre in questo periodo  ha tali riferimenti, il relax e la vacanza sono quasi istituzionalizzati nella mente degli operosi tedeschi.


Steuer, tasse è  un'altra parola diventata quasi ossessiva. Se da un lato è sempre attuale la questione della  tassazione dei conti  bancari aperti in Svizzera da cittadini tedeschi  intercettati dalle autorità della Renania Settentrionale-Westfalia   attraverso l'elenco custodito in un  cd acquistato per 3 milioni e mezzo di euro da una banca privata di Zurigo -acquisto che ha scatenato un dibattito interno sulla regolarità  e, soprattutto, la moralità , da parte di uno Stato di diritto dell'acquisizione di informazioni in maniera “sporca”- ,  dall'altro tengono banco le notizie relative alle entrate fiscali dei primi sette mesi del 2012 : +5%  rispetto allo stesso periodo  dello scorso anno. Il risultato è attribuibile all'alto tasso di impiego e all'attitudine a spendere che i tedeschi hanno mantenuto a dispetto delle cattive notizie che arrivavano dall'estero. Di tasse in Germania se ne parla tutti i giorni, è un adagio che accompagna la vita di ogni cittadino. Ed è  dunque, comprensibile il sentimento di rabbia che serpeggia nella popolazione che si sente chiamata a ripianare i buchi neri finanziari di Stati in cui il sistema fiscale non riesce a funzionare.


Di tasse  ora , curiosamente, se ne  parla anche perché  è allo studio una proposta di legge che dovrebbe ridurre l'IVA su tutto lo street food, currywurst  (le salsicce al curry vendute su banchi di ambulanti) in primis. Secondo certi punti di vista è un segnale  della durezza dei tempi: procurasi qualcosa da mangiare è più difficile che in passato e anche  lo street food deve andare incontro a chi si trova in situazione disagiata, offrendo  a tutti soluzioni economiche per mettere qualcosa sotto i denti.   


Solidarität , solidarietà. Non ancora ripresasi dallo stravolgente impegno della riunificazione, la Germania si trova oggi a dover essere solidale con i Paesi in crisi della zona euro.  E  fatica ad accettarlo. “A scuola abbiamo affrontato più volte il tema –racconta, per esempio,  Monika Schabtam, docente di religione in un istituto professionale nel Baden-Württemberg -  ma i ragazzi  sono riluttanti a condividere l'idea di offrire aiuto  agli altri ,  “ognuno deve lavorare, essere pagato giustamente per quello che fa ed essere  così autosufficiente”, dicono”. “Indubbiamente  –aggiunge  l'insegnante– le convinzioni degli studenti riflettono un pensiero ben radicato nell'ambiente familiare”. Lo storcimento di naso all'idea di  supportare altri Paesi in difficoltà finanziaria in effetti arriva dall'alto. Commentando l'intervento di Angela Merkel alla festa della popolare di Gillamoos,  qualche giorno fa in Bassa Baviera, un intervento politico dal caratteristico profumo pre-elettorale che  ha mostrato  un lato “euromorbido” della cancelliera, « i Paesi come la Grecia, la Spagna e il Portogallo che stanno attraversando un periodo difficile meritano la nostra solidarietà», più di uno dei tremila  presenti , sostenitori di quel CSU che sta facendo venire il mal di testa alla Merkel e ai suoi proprio su questi temi, ha detto ai giornalisti che seguivano l'evento: «ovvio che dovremmo essere solidali, ma la pazienza di molti con la situazione greca si sta esaurendo. E poi, qual è il prezzo della solidarietà?»


Griechenland, Grecia. È una presenza pesante nell'immaginario collettivo. Il Paese adorato dai tedeschi per le proprie vacanze, clonato sul suolo teutonico  a suon di ristorantini che ti fanno sentire nella Plaka anche quando sei nella zona industriale a nord di Monaco, di  tonnellate di vasetti di tzatziki   presenti in qualsiasi supermercato e , perfino, di pizze surgelate “alla greca” ricoperte di feta, olive Kalamata e  cipolle,   è improvvisamente diventato sinonimo di dover tirare la cinghia per gli altri. In pochi quest'anno hanno deciso di asciugare le ossa sotto il sole di Mykonos o Santorini, nel  terrore di essere male accolti in una nazione al collasso finanziario che vede proprio  nella rigidità del governo tedesco  un atteggiamento da aguzzini. Non a caso Brigitte, una delle riviste femminili più popolari in Germania, in uno degli ultimi numeri  ha posto ai lettori il quesito : Siamo ancora amici?  riferendosi al popolo greco e analizzando i pro e i contro di una vacanza  in terra ellenica. La conclusione dell'articolo, che tocca le corde più sensibili del sentire tedesco nei confronti del Mediterraneo, è che sì, bisogna continuare ad amare il Paese dove i tavoli difficilmente hanno quattro gambe della stessa lunghezza, perché continua ad essere il Paese che riesce ad arrivare al cuore di chi lo visita.


Energie, energia. Altra parola  bollente dopo che il governo Merkel ha deciso di chiudere cinque impianti nucleari  nel marzo dello scorso anno e di programmare la cessazione  dell'attività  i altri nove tra il 2015 e il 2022. L'apporto alla produzione di energia da parte del  nucleare è intorno al 22% del totale.  Il raggiungimento dell'autosufficienza energetica grazie ad approvvigionamenti che derivano da fonti alternative, come l'eolico, è ancora lontana. Lo scontro con gli ambientalisti su dove debbano essere installate le nuove linee produttive senza penalizzare il territorio è più attuale che mai. E, intanto, i consumatori tedeschi  aggiungono all'elenco delle paure che li attanaglia quella di veder lievitare sconsideratamente le bollette per l'elettricità nelle proprie case.


Autos, automobili. Parlare di automobili in Germania è come parlare di pastasciutta a casa nostra. Bene o male si finisce sempre su questo tema. L'eccezionale andamento delle vendite della Volkswagen  fino a poche settimane  fa era stato preso a indicatore della resistenza tedesca  alle mine disseminate dalla crisi dell'euro. Ma ora che, a causa della stagnante situazione europea , anche il colosso di Wolfsburg deve ritoccare le proprie cifre al ribasso, segnando-pur rimanendo in crescita- un -3% rispetto alle previsioni per il 2012, anche tra i tedeschi comincia a volteggiare il fantasma della recessione.  Che le cose stiano cambiando nel mondo delle quattro ruote  è  testimoniato anche dai racconti di persone come Werner Entenmann, proprietario  di una concessionaria BMW  nei pressi di Stoccarda che  in tempi normali vende 2200 auto di grossa cilindrata all'anno. «Ora i clienti arrivano da noi  mostrandoci le offerte fatte da altri concessionari», ha raccontato ai giornalisti di Bloomberg, «i profitti diminuiscono e gli sconti divorano i margini». Insomma, anche i compassati tedeschi che sembravano non conoscere l'aggettivo “trattabile” riferito a un prezzo ora stanno  andando a lezione di mercanteggiamento alla levantina.


Pessimismus, pessimismo.  Non c' bisogno di andare a scomodare Schopenhauer per raccontare  la tendenza al pessimismo del popolo più pessimista d'Europa.  Oggi l'atteggiamento è fotografato da sondaggi come quello promosso dalla Boston Consulting , pubblicato in giugno dal quotidiano Die Welt: l'88% dei tedeschi teme seriamente per il futuro dei propri figli. A vederla più nera, nel vecchio continente, ci sono solo i francesi. Rincara la dose l'indagine agostana del settimanale Stern: il 57% dei cittadini tedeschi teme un peggioramento della crisi e solo il 12% di loro crede che le cose possano migliorare. I più sfiduciati sono coloro che hanno tra i 45 e i 49 anni, soprattutto  le persone  appartenenti alle classi sociali meno agiate. Per inciso, solo gli operai sono disposti a rivedere il proprio tenore di vita, il  72% della popolazione  tedesca pare nin essere disponibile a sacrifici per migliorare la situazione.


Sparen, risparmiare. Altro termine  in uso al limite dell'ossessivo, che sembra un controsenso visto quanto si è detto poco fa. Ma non è così. I virtuosi  tedeschi formichine hanno fatto propria l'abitudine a risparmiare su tutto , a cominciare dai tagli inferti al mondo della scuola e della cultura, ancora troppo spesso tarate su modi di spendere di altri tempi. Nel quotidiano la  Sparen-philosophy  si traduce nell'inseguire e prendere sul serio tutte le offerte, Angebote, partorite dagli uffici marketing. La spesa viene fatta con i volantini pubblicitari in mano, spostandosi  da un punto vendita all'altro per trovare le proposte più convenienti, soprattutto  nei discount.  E proprio i discount, i vari Lidl, Aldi, Norma, Penny, oggi non sono più frequentati solo dalle classi meno abbienti, ma da  consumatori  di ogni tipo, decisi  a  spendere in maniera intelligente quanto hanno nel portafoglio. La decisione di tirare la cinghia, insomma, ogni tedesco  la vuole prendere da sé. Per cui  va sì in vacanza, ma quando  si ferma nelle stazioni di servizio  tira fuori bibite e sandwich  portati da casa, altro che Rustichella e altre tentazioni autogrillesche. E se  decide di andare a visitare Lucca durante il soggiorno in Versilia, non  prende l'autostrada ma si avventura sulla tortuosa  provinciale, tra curve , tornanti e guidatori locali che confondono i normali  spostamenti con le  prove speciali di un rally. Ma qualche euro, così, è risparmiato. E con i tempi  bui che corrono  può essere solo una buona idea.


 


 


 


 


 

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