Cultura e Spettacoli
Giovedì 18 Giugno 2009
Forte quel Triangolo,
ma la storia non torna
In uscita una pregevole mappa delle fortificazioni lariane, tra Como, Bellagio e Lecco. Tuttavia nella ricerca si segnalano omissioni e incongruenze
Il castello è l’edificio che rievoca il Medioevo, «età dei poter dispersi» e degli arroccamenti difensivi, che dal mondo romano acquisì le fortificazioni disposte lungo il limes, il confine sempre più permeabile dalle incursioni dei cosiddetti "barbari". Tuttavia non si può ricercare per ogni castello medievale un antecedente romano: se sappiamo dov’era Comum Oppidum non si è riusciti ad identificare i suoi 28 castella.. L’esigenza di protezione e dominio fece dei castelli strutture duttili e modificabili, in molte più località di quanto oggi non appaia. Questo ci dice la bella carta topografica delle "Torri e castelli del Triangolo Lariano", fresca di stampa. Trentadue località sono segnate con i simboli della presenza di fortificazioni, ancora esistenti o attestate da toponimi e fonti storiche in questa mappa promossa da diversi enti: Comunità Montana Triangolo Lariano, Fondazione Provinciale Comunità Comasca, Associazione Appuntamenti Musicali, Società Archeologica Comense.
La carta evidenzia con specifici simboli gli edifici religiosi (spesso difesi da torri ), i punti panoramici talora coincidenti con antichi roccoli, i nuclei abitativi antichi, i siti di interesse archeologico e geologico. La grafica comunica al turista come raggiungere i siti invitandolo però alla prudenza perché non tutti i sentieri sono attrezzati. Vuol dunque essere, questa carta, un lavoro complementare di quello svolto sulla Strada Regia (Como-Bellagio), che è segnalata, come il Sentiero della Dorsale, con i suoi rifugi e baite, percorsi avvicinabili con mezzi pubblici: si segnalano i punti di attracco dei battelli, nonché le stazioni ferroviarie di Como, Erba, Asso, Lecco. Sul verso del pieghevole fotografie di ruderi, di scorci paesistici, di foto naturalistiche di fiori e scoiattoli (che cosa c’entrano con i castelli?) si alternano ai testi dedicati ai trentadue centri, da Albavilla a Zelbio, in rigoroso ordine alfabetico. Le schede ignorano Como, che è segnata però in mappa con due castelli: tutti (i comaschi però) capiscono il riferimento al Baradello, pochissimi invece capiranno perché si segnali S. Donato sulle pendici di Brunate (a suo tempo ipotizzato da Giampiero Bognetti come torre longobarda, oggi però messa in dubbio), manca invece del tutto il più grande, distrutto castello visconteo (Teatro Sociale). Da queste piccole incongruenze sorge il dubbio su che cosa s’intenda per Triangolo Lariano.
Chi scrive ha sempre creduto che avesse per tre vertici Como-Lecco-Bellagio. Ma forse non è così, perché verso l’angolo lecchese tutto si dirada incomprensibilmente. E se Bellagio ha ben tre simboli di castello, Como è incompleta, ma Lecco del tutto assente. Eppure chi s’impegna a leggere i nomi, trova scritta la località Castello di Lecco che però la carta non evidenzia. Ciò malgrado, per Lecco si segnala la stazione ferroviaria. Chi scrive ammette di aver aperto la carta con molta curiosità: dei castelli all’interno del Triangolo conosceva poco, ma sapeva dell’importanza della linea difensiva prealpina che dall’età della guerra greco-gotica conclusasi dopo vent’anni di conflitti nel 553 da parte di Giuistiniano, imperatore d’Oriente, collegava Como con il Lago Maggiore e Novara attraverso Castelseprio, Como con Lecco attraverso Montorfano (che ritrova in mappa) e il Buco del Piombo, e Castelmarte che non mancano; sapeva che tutti i promontori del Lario erano tra loro collegati da torri di segnalazione che per forza rinviavano i messaggi (con fuochi e fumo) da una sponda all’altra. Nel 1971 il convegno di Villa Monastero a Varenna su "Le fortificazione del Lago di Como", promosso da Mariuccia Belloni Zecchinelli e Carlo Perogalli, si apriva con l’intervento di Pietro Gazzola sull’ «Opportunità di una visione territoriale nello studio delle strutture fortificate». C’è da chiedersi allora perché nello stendere questa mappa si sia voluto forzatamente isolare il Triangolo come se fosse un’entità autonoma e in sè chiusa e trascurare le presenze ben più consistenti sulle sponde occidentale e orientale del Lario: la torre di Brienno avrebbe dato senso ai castello di Nesso e di Cavagnola, la Torre del Soccorso di Spurano e il Castel d’Isola al castello di Lezzeno, la Torre Vaccani di Lenno alle fortificazioni di Bellagio. E così sulla sponda lecchese segnalare la località Castello di Lierna avrebbe richiamato Castel de Leves sopra Onno e quello di Vassena. Nelle didascalie c’è una scheda per ogni Comune della Comunità Montana. Le schede sono trentadue, ma i Comuni trentuno: Albavilla, Albese con Cassano, Asso, Barni, Bellagio, Blevio, Brunate, Caglio, Canzo, Caslino d’Erba, Castelmarte, Civenna, Erba, Eupilio, Faggeto Lario, Lasnigo, Lezzeno, Longone al Segrino, Magreglio, Nesso, Pognana Lario, Ponte Lambro, Proserpio, Pusiano, Rezzago, Sormano, Tavernerio, Torno, Valbrona, Veleso, Zelbio.
L’unica concessione fatta agli "stranieri" è per Montorfano perché «pur non rientrando nel territorio del Triangolo Lariano, ne viene coinvolto direttamente da Tavernerio, con il quale condivide la cima del monte dove ancora sono presenti i resti di una fortezza». È questo dunque il criterio scelto, quello dell’appartenenza amministrativa alla Comunità Montana. Ma torri e castelli guardavano al di là del confine per avvistare il nemico: si seguiva un criterio che era l’esatto opposto del criterio assunto per la mappa. Non si vede perché, anche se statutariamente la Comunità Montana ispira «la propria azione alla valorizzazione del territorio montano», anche se Lecco e Como non fanno parte della Comunità, si trascurino le presenze dei loro castelli. Ci si chiede perché un’ottica tanto ristretta, da burocrate, non da storico, mortifichi il significato di un lavoro che, garantita solo l’utilità turistica, avrebbe potuto avere un valore scientifico. L’assenza ingiustificabile è quella del grandioso sito archeologico fortificato di Monte Barro (sec. V-VI) utilizzato nella guerra greco-gotica, sul lato meridionale del Triangolo: non è che anche oggi, a furia di evocare scorribande di barbari e invocare discese di eserciti imperiali, ci stiamo rinchiudendo nei nostri castelli?
(* Critico e storico dell’arte)
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