Barchini esplosivi sul Lario
Un dossier segreto in soffitta

In una cassa del cantiere navale Cramar di Cadenabbia ritrovati alcuni docomenti "top secret" sulle armi belliche realizzate a Como

di Gianfranco Casnati

La scoperta di un documento davvero "esplosivo" in una cassa abbandonata nella soffitta del Cantiere Navale "Cramar" di Cadenabbia, ha riaperto una interessante pagina di storia del nostro lago. Si tratta di un prospetto con tutte le misure e le coordinate per la costruzione dei famosi Mtm (Motoscafo Turismo Modificato), comunemente chiamati "barchini esplosivi", autentica spina nel fianco della Marina Britannica durante la Seconda Guerra Mondiale.
L’idea di utilizzare i mezzi d’assalto prese corpo negli anni ’30 ed il 6 luglio 1939 lo Stato Maggiore della Regia Marina affidò alla Flottiglia Mas di base a La Spezia la formazione di un gruppo di ufficiali in grado di utilizzare al momento opportuno questi mezzi speciali. Si iniziò quindi la produzione degli Mtm e degli Slc (Siluri a Lenta Corsa- meglio noti come "Maiali"). Dal marzo 1941, uomini e mezzi vennero raggruppati in un nuovo reparto organico denominato X Flottiglia Mas. L’armistizio dell’8 settembre 1943 colse di sorpresa quegli uomini, ormai arrivati al massimo della loro operatività. Al Nord proseguì la X Mas, con il comandante Junio Valerio Borghese, mentre al sud venne costituito Mariassalto (comandante Ernesto Forza).
Sotto la Repubblica Sociale Italiana, la produzione degli Mtm passò tutta dai Cantieri Baglietto di Varazze nelle mani dei cantieri Cranchi del Lario e Feltrinelli del Garda, per sfuggire ai bombardamenti degli Alleati al mare. Così anche in questa drammatica situazione i costruttori lariani riuscirono a trasferire la loro grande esperienza maturata in campo motonautico, nelle unità da guerra ad opera di tecnici preparati e di mano d’opera abilissima. Nei cantieri della ex filanda di Brienno di Giovanni Cranchi (ora del figlio Cleto), in quelli di Alfredo di Nobiallo ed in quello di Antonio e Mario di Cadenabbia (ora Cramar di Giacinto, Ettore e Luigi Cranchi) ne furono costruiti oltre 150. Leggendarie divennero le imprese degli Mtm nelle incursioni alla baia di Suda all’isola di Creta, a Malta, a Gibilterra, ad Algeri, ad Alessandria. Famosa è l’incursione del 25-26 marzo 1941 nella base inglese di Suda (Creta) durante la quale gli Mtm distrussero l’incrociatore britannico York di 10 mila tonnellate ed una petroliera. Impiegati quali mezzi d’assalto di superficie, erano pilotati da uno o da due uomini. Questa la descrizione fatta da Junio Valerio Borghese nel suo libro Decima Flottiglia Mas: «Motoscafo a fondo piatto, largo m.1.90, lungo m.5.20; un motore Alfa Romeo 2500 gli assicura la velocità di 32 mg.; 5 ore di autonomia alla massima velocità. Il complesso elica – timone, costituente un blocco esterno allo scafo come in un fuori-bordo, è rotante; si solleva, cioè, con facile manovra, per passare a fior d’acqua sopra le ostruzioni senza intopparvi. Nella parte anteriore del motoscafo ha sede un barilotto contenente 300 kg. di esplosivo con sistema di scoppio ad urto o a pressione idrostatica. Un uomo solo lo pilota; superate cautamente le eventuali ostruzioni e le reti parasiluro, individua il bersaglio; lo punta con la prua del barchino: quando è in punteria, mette tutta la forza, blocca il timone, e subito si lancia in mare. Mentre il pilota, per non trovarsi in acqua al momento dell’esplosione, si issa rapidamente sul salvagente di legno che gli faceva da schienale e che si stacca da bordo un attimo prima del tuffo mediante la manovra di una leva, il barchino continuando la sua corsa investe il bersaglio: la parte poppiera si stacca da quella prodiera (per l’azione di una corona di carichette esplosive disposte tutt’attorno allo scafo che, all’urto, tranciano il barchino in due) e affonda rapidamente, mentre il barilotto con la carica, giunto alla quota prestabilita in base al pescaggio del bersaglio, esplode per pressione idrostatica, aprendogli una vasta falla nell’opera viva». Una volta ultimati gli scafi in legno, i barchini venivano trasportati a Sesto Calende nella fabbrica della Siai Marchetti per essere motorizzati e caricati di esplosivo.
I motori erano entrofuoribordo Alfa Romeo, con piede poppiero Cattaneo, montati appunto dalla ditta Guido Cattaneo di Milano. L’impiego delle maestranze nei cantieri costituì una grande risorsa economica per le famiglie del nostro lago in quegli anni tragici. Gli operai addetti alla costruzione dei mezzi bellici, infatti, godevano della totale esenzione dal servizio militare.


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Lo storico Cavalleri:
"Kamikaze del mare"

di Manuela Moretti

Durante la Seconda Guerra Mondiale hanno trovato ampio impiego non solo gli Mtm (Motoscafi a Turismo Modificati, noti come "barchini esplosivi"), ma anche un altro tipo di armi molto particolare e, sembra, molto efficaci: si tratta di piccoli sommergibili simili a un siluro (Siluri a lenta corsa, o Slc), conosciuti anche come Maiali. Ne abbiamo parlato con Giorgio Cavalleri, storico e scrittore comasco.

Che ruolo hanno avuto questi "barchini esplosivi" nella seconda guerra mondiale?

Non hanno avuto un grande ruolo, più che i "barchini esplosivi" venivano utilizzati più che altro quelli che venivano chiamati "maiali": uscivano dai sommergibili manovrati da delle persone, i più famosi sono stati quelli con cui gli uomini della decima Mas erano riusciti a violare i porti di Alessandra d’Egitto e Gibilterra. I "barchini esplosivi" non hanno avuto invece un grandissimo uso, perché talvolta era necessario manovrarli, diventando così una sorta di kamikaze, era più un’idea, più che una realizzazione pratica, non trovavano un uso concreto. C’era stato anche un tentativo di usarli a distanza, ma era più una cosa di prospettiva.

Com’erano fatti e come venivano utilizzati questi tipi di armi?

Quelli che venivano chiamati "maiali" erano come dei siluri che si potevano pilotare, sono stati messi sotto le chiglie di alcune navi importanti. La Marina da guerra italiana aveva avuto grandi successi con questo tipo di armi: erano dei siluri che si potevano manovrare, in genere da due marinai che andavano sott’acqua e riuscivano a mettersi sotto la chiglia della nave tornando poi a nuoto. In questo modo era stato violato il porto di Gibilterra e di Alessandria di Egitto, tra le imprese più acclamate dalla Marina italiana nel corso della Seconda Guerra Mondiale.

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