«Comporre musica oggi
è creare un nuovo tempo»

Compositore, vicedirettore e docente al Conservatorio di Como, Vittorio Zago parla della sua “Tropfen II”

L’hashtag “lamusicanonsiferma” con cui l’orchestra sinfonica Verdi di Milano annuncia la sospensione dei concerti di questa settimana nei quali, insieme a musica di Petr Il’ič Čajkovskij era in cartellone la prima esecuzione assoluta di “Tropfen II”, composizione per orchestra sinfonica commissionata dalla Verdi con il sostegno di Siae – Classici di oggi al maestro Vittorio Zago.

La conversazione avuta con il compositore, vicedirettore e docente al Conservatorio di Como, la settimana scorsa diventa ora metafora più ampia del senso di comporre musica oggi.

«Tropfen nasce da una composizione in residence per 32 elementi il Teatro di Bandeburg» ci ha spiegato Zago; «con Ruben Jais e la Verdi il progetto si è concentrato nella durata ma ha raggiunto l’organico che io desideravo, quello di un’orchestra di 59 elementi. Il titolo (Tropfen, Gocce) richiama gli effetti percettivi ordinati e al tempo stesso disordinati della caduta di piccole quantità d’acqua, esplorando gli estremi del regolare e dell’irregolare, dell’ordine e del disordine, così come le infinite sfumature che si manifestano fra gli estremi di queste opposizioni. Sfumature che, in quanto punti di tensione intermedia fra situazioni limite, possono essere lette e percepite in forme assai diverse e a loro volta abbinate ai differenti concetti di ordine e disordine».

Cosa significa comporre e comunicare in musica oggi?

Il termine comunicazione con la musica è sempre piuttosto delicato: non necessariamente con la musica riesci a comunicare. Bisogna tenere presente che una lingua è qualcosa di condiviso (la musica tonale lo è): i compositori di oggi fanno una “proposta” linguistica personale, il che comporta palesare le regole con cui vuoi organizzare il brano e poi costruire qualcosa sapendolo fare. Inoltre oltre il suono e il gesto è necessario individuare una sintassi aderente e propria, il che significa saper gestire il tempo. Scrivere non è tanto comunicare quanto dare una dimensione temporale diversa. Che io riesca a dirti qualcosa o trasportarti in una concezione del tempo differente è l’obiettivo ultimo. Comporre significa saper gestire il tempo. E forse saperne creare un altro. Colui che ha capito meglio e ha aperto il mondo contemporaneo è stato Debussy. Noi ci rapportiamo quotidianamente con convenzioni che ci limitano e spersonalizzano; fare una mia proposta linguistica significa essere maggiormente libero e trasparente, andando oltre le convenzioni per aprire meglio ciò che voglio esprimere.

Com’è, allora, il suo rapporto con l’esecutore e con la scrittura della composizione?

Da parte mia, molto attento e molto intenso; l’esecutore è una necessità in musica e gli strumentisti sono anch’essi artisti, non posso non tenerne conto sia in fase di scrittura che di prova, io dialogo molto e sono disponibile ad ascoltare. Il punto di vista semiografico è una conseguenza logica: il segno serve a palesare contenuti che io voglio far passare, sia che si tratti di una parte maggiormente organizzata che di una più affidata all’improvvisazione, magari di un materiale grezzo. Ovviamente, ogni brano ha una sua peculiarità.

Quanto posto c’è per emozione, sentimento, sensazione?

Mentre scrivo, molto. Al brano si arriva pensandoci gradualmente, un caleidoscopio di sensazioni che si dilatano nel tempo, con un incremento di emozione e appagamento per il raggiungimento di un dettaglio, la sofferenza del non ottenerlo come si vuole. Chi poi ascolta ritrova tutto nell’arco di tempo dell’esecuzione. C’è anche un altro tipo di sensazione che è legato a all’allestimento del brano, alle prove. L’emozione è viva, soprattutto l’entusiasmo che ti porta alla ricerca di sensazioni: altrimenti comporre sarebbe molto arido. Puoi abbinare quanto vuoi un apparato intellettuale a un brano ma alla fine è un brano di musica, deve affermarsi da un punto di vista acustico altrimenti perde di significato. Prima viene l’ascoltare, poi il parlare di un brano, nella libertà del compositore e di quella dell’ascoltatore. Come diceva il mio maestro Azio Corghi, prima viene l’etica, poi l’estetica.

© RIPRODUZIONE RISERVATA