Dacia Maraini a Como
"Diamo valore ai diritti"

Incontriamo la scrittrice che presenta il suo ultimo romanzo a Como, nella Villa del Grumello, il 30 settembre

Lo sguardo chiaro e il sorriso solare, la gentilezza e la fermezza mescolate insieme, l’orgoglio dell’essere donna che ha infuso a tanti personaggi femminili dei suoi romanzi. Ecco Dacia Maraini, raffinata ma nello stesso tempo popolare scrittrice, che il 30 settembre incontrerà il pubblico comasco, alle 18.30, a Villa del Grumello, in via per Cernobbio, 11. L’incontro, organizzato dal Comitato per l'imprenditoria femminile della CCIAA di Como, in collaborazione con l'associazione Parolario, permetterà a chi apprezza la scrittura dell’autrice, di conoscerla meglio, accostandosi ad un personaggio importante del panorama letterario nazionale. L’autrice di tanti successi, da “La lunga vita di Marianna Ucrìa”, a “Dolce per sé”, fino al più recente “Il treno dell’ultima notte”, edito da Rizzoli dialogherà con Fulvio Panzeri.
L’incontro sarà precedentemente introdotto da Ornella Gambarotto, presidente del Comitato per l'imprenditoria femminile. L’ingresso alla conferenza è libero. Anticipiamo i temi che verranno affrontati a Villa Grumello, chiacchierando con l’autrice della sua ultima fatica letteraria ma di tanti altri temi che il suo impegno civile suggerisce. Signora Maraini, partiamo da “Il treno dell’ultima notte”, romanzo pubblicato nella scorsa primavera e incentrato su una vicenda dolorosa e imbevuta di grande storia.

Come ha preso forma nella sua mente?

Il tema del romanzo, ovvero le vicende che partono Shoah per arrivare alla rivoluzione di Budapest nel ‘56, è con me da lunghissimo tempo. Sono cresciuta portandomi negli occhi e nella mente quelle immagini di orrore, sopraffazione e sofferenza. In più, come molti sanno, ho trascorso parte della mia infanzia in un campo di prigionia giapponese (l’intera famiglia Maraini fu rinchiusa per due anni in un campo nipponico, poiché il padre di Dacia, Fosco, etnologo di fama internazionale, non aveva voluto firmare l’adesione alla Repubblica di Salò ndr). Ho dunque “respirato”, in prima persona, quella terribile condizione di prigionia, povertà, stenti, anche se, fortunatamente il campo dove mi trovavo non era destinato allo sterminio.
E come è “emerso”, alla luce e quindi alla scrittura, questo argomento tanto difficile?
Non so spiegarlo razionalmente. Probabilmente, raccontare una vicenda di dolore come questa, funge da “antidoto” al proprio dolore personale e io ho attraversato, negli ultimi tempi, momenti difficili, anche per la scomparsa del mio compagno (il regista e attore Giuseppe Moretti ndr).
 Parlare dei totalitarismi che tanta distruzione e rovina hanno portato nel Novecento, ha anche una funzione civile e storica?
La memoria è la nostra coscienza. Di vicende storiche come queste non si parla mai abbastanza. Spero di aver dato un contributo al fine di non perdere mai la consapevolezza dell’orrore massimo, che rischia sempre di ripetersi. Parliamo della figura femminile che è la protagonista del romanzo.
Ancora una volta lei si sofferma a tratteggiare donne coraggiose in un percorso personale e sociale. Perché?
Amara Sironi è una giovane giornalista. L’ho inventata e non ci sono precisi riferimenti a persone da me conosciute. Certamente amo le figure femminili perché mi ci posso identificare meglio.
Se dovesse attribuirle una caratteristica, quale sarebbe?
Il candore, senza dubbio. Ho voluto che fosse giovane e inesperta, per far passare, attraverso il suo sguardo vicende terribili, in modo che non fossero deformate da alcun cinismo e pregiudizio. Questo sì. Amara è candida e curiosa, pronta a lanciarsi in esperienze difficili. Restiamo a parlare di donne. Attraverso la letteratura e non solo, lei ha sempre “lavorato” per una presa di coscienza” del mondo femminile, per la conquista di un ruolo più consapevole nella società.
Cosa pensa dell’identità femminile oggi?
Noi donne abbiamo conquistato tanto ma intorno a me vedo, soprattutto tra le più giovani, tanta inconsapevolezza, come se i diritti di cui godono fossero eterni e incrollabili. Un tema su cui sto riflettendo da molto tempo è quello delle problematiche indotte dalla globalizzazione.
Quali le conseguenze sul mondo femminile?
Le trasformazioni sociali dovute alle migrazioni e alla nascita di una società multietnica ci portano a confrontarci qui, sul nostro terreno, con culture repressive che hanno, della donna, una visione che sta agli antipodi di quella occidentale. Mi ha impressionato moltissimo, ad esempio, la tragica vicenda di Hina, la ragazza pakistana uccisa a Brescia dal padre e dai parenti, per la sua voglia di vivere come le ragazze italiane.
Quale soluzione a queste drammatiche contraddizioni?
Urge un’azione a livello culturale per far sì che ciò non si ripeta e anche le donne devono essere consapevoli di quanto sia importante tutelare i propri diritti. Lo sappiamo bene noi della generazione che ha portato avanti tante lotte. La conoscenza è in stretto rapporto con la storia. Parliamo del legame che unisce letteratura e impegno sociale.
Riconosce, nella nuova generazione di scrittori, autori che possano interpretare efficacemente un ruolo anche civile?
Ce ne sono molti ed è un bene perché, di una scrittura impegnata abbiamo urgentissimo bisogno. Penso a Roberto Saviano, autore di “Gomorra”, che apprezzo anche per la qualità “poetica” del duo stile. Non solo un “neorealista” ma anche una penna che sa rileggere la realtà rinvigorendola con l’afflato da romanziere.
L’incontro del 30 settembre si terrà a Como. Che rapporti ha con la nostra città?
Ho avuto occasione di visitare Como più volte. E’ una bella città e il lago è magnifico. Ne conservo davvero piacevoli ricordi. Posso inoltre dire di aver avvertito, anche qui, nel contatto con la gente, quel carattere che trovo tipico delle popolazioni lacustri, portate naturalmente alla poesia e anche un po’ alla malinconia.

Sara Cerrato

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